Ritratto di Marco Rovaris
Autore Marco Rovaris :: 14 Gennaio 2015

Berlinale ricorderà il grande regista e sceneggiatore italiano con un suo film ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, "Uomini contro": un'opera di denuncia, così come la maggior parte della cinematografia di Rosi, un autore straordinario

Uomini contro

Il Festival Internazionale del Cinema di Berlino offrirà il suo personale tributo al regista e sceneggiatore italiano Francesco Rosi, deceduto a 92 anni lo scorso sabato. In sua memoria il festival proietterà Uomini contro (1970), dramma contro la guerra ambientato sul fronte montano italo-austriaco durante la Prima Guerra Mondiale. 

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"La perdita di Francesco Rosi equivale alla perdita di uno straordinario filmmaker. Con il loro potere esclusivo, i film di Rosi hanno ancora oggi un potere molto persuasivo. I suoi film sono classici del cinema politicamente impegnato", queste le parole del direttore di Berlinale Dieter Kosslick. Già nel 2008 il Festival dedicò il suo Homage a Rosi, mostrando 13 dei suoi film e onorandolo con L'orso d'Oro alla carriera per i suoi meriti e traguardi artistici.

Nei suoi lavori il regista effettuò una critica sulla situazione politica, economica e intellettuale in Italia, spesso causando forti reazioni pubbliche. Uno dei suoi cavalli di battaglia resta Salvatore Giuliano, che vinse l'Orso d'Argento a Berlino nel 1962. 

[Leggi anche: Morto Francesco Rosi, il cineasta del grande cinema d'inchiesta]

La sua vita è raccolta nel volume-conversazione scritto da Giuseppe Tornatore, Io lo chiamo cinematografo, dove tanti sono i ricordi di Rosi, dalla gioventù alla descrizione delle esperienze sul set con i più grandi attori del suo tempo: "Con Alberto Sordi feci I magliari. Si rivelò un attore che sapeva andare oltre le sue corde comiche. Straordinario era Salvo Randone e un interprete mirabile fu Rod Steiger. E poi Gian Maria Volonté. Il suo professionismo rasentava la santità. Poteva ricopiare a mano per tre o quattro volte la sceneggiatura pur di entrare completamente nella parte. Fu una singolare figura di comunista radicale. Era difficile discutere con Gian Maria. Tutto diventava per lui decisivo, per questo, a differenza di Elio Petri, cercavo di non provocarlo. Uno degli ultimi attori con cui ho lavorato fu Vittorio Gassman in Dimenticare Palermo, fu toccante e straordinaria la sua interpretazione. Mi chiese come era andato, e la cosa mi apparve strana detta da lui. E poi pensai: guarda questo attore acclamato da tutti e reso così fragile dalla depressione". 

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