Le scene di sesso esplicito non sono più un'esclusiva dei film porno, bensì anche di molte produzioni d'autore. E pensiamo a "Nymphomaniac" di Lars Von Trier, "Ken Park" di Larry Clark, "The Brown Bunny" di Vincent Gallo e tanti altri ancora
Il porno come genere osceno e minore a meno che non lo diriga un autorone come Lars Von Trier o Bertrand Bonello? La questione, si sa, è da sempre controversa: da una parte il porno è un genere che continua ad essere demonizzato anche dai cinefili più mentalmente aperti, ma dall'altra è anche sempre più un genere che si ibrida con le visioni più autoriali e insospettabili. Von Trier ne ha fatto praticamente la sua arma più potente nei due Nymphomaniac, ma non è stato ovviamente il solo, in questi ultimi anni. Ad esempio, un cineasta come Larry Clark sa sicuramente il fatto suo, e con Ken Park è riuscito ad unire in un'unica pellicola angoscia adolescenziale, depressione, malessere esistenziale e sì, sesso esplicito che nulla ha da invidiare ai prodotti più comunemente pornografici.
E se possiamo obiettare che Lars e Clark siano, effettivamente, due autori particolarmente inclini a polemiche e controversie, uno più insospettabile è invece Michael Winterbottom, che nel 2004 ha realizzato 9 Songs, 71 minuti di montaggio alternato tra concerti rock e rapporti sessuali: il film è bruttissimo, ma questa commistione potrebbe anche avere il suo perché. Insospettabile anche John Cameron Mitchell, che dopo il commovente musical Hedwig, La diva con qualcosa in più e prima di Rabbit Hole (con Nicole Kidman ed Aaron Eckhart) fece quell'altra opera geniale che è Shortbus, film corale ambientato a New York tra orge e digressioni transgender, il tutto lasciando ben poco all'immaginazione. Cosa dire poi di Leos Carax, nevromantico cantore del Cinéma du Look, che nel sottovalutato eppur immenso Pola X, ci mostrò (con tutte le sue doti annesse) un Guillaume Depardieu (pace all'anima sua) tormentato e incestuoso?
E in territori asiatici? Date un'occhiata a Serbis di Brillante Mendoza, viaggio nella Manila più lercia dove il sesso è pulsazione viscida di una malattia cancerogena oltre il tollerabile; ma anche a Love actually.. sucks del visionario Scud, storie d'amore fantasmatiche con almeno un paio d'inserti espliciti che non si sarebbero visti nemmeno nelle vecchie categorie III hongkonghesi...
Se ci spostiamo in Giappone, poi, i titoli diventano praticamente infiniti, anche se chiamarli espliciti, nel nostro caso, sarebbe un pochino fuorviante, in quanto conosciamo bene quelle tristissime bolle che coprono i genitali in uso ogni qualvolta ci sia una scena di sesso nel cinema nipponico.
[Leggi anche: V.M 18: "Jonathan", il cortometraggio porno di Larry Clark]
Infine, uno che ce l'ha messa tutta è Vincent Gallo, che in The Brown Bunny, è protagonista di una lunga scena di fellatio con la sua partner in scena Chloe Sevigny. Questo fa di loro dei pornostar? O semplicemente dei bravi interpreti al servizio del cinema d'autore?
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