Denis Côte è tra i pochi individui in grado di fare cinema costruendo il film su una serie continua di esercizi di visione
Denis Côte è tra i pochi individui in grado di fare cinema costruendo il film su una serie continua di esercizi di visione. Naturalmente per lo spettatore cieco, che continua a pensare che il suo organo di visione (occhio + cervello) sia funzionante. Côte allora inventa - insomma non è proprio un’invenzione ma una necessità – l’unico strumento possibile per tentare di risvegliare chi guarda: ecco lì di fronte ai tuoi occhi l’oggetto che mi interessa farti vedere. Ma lo spettatore può davvero cogliere il senso preciso di quell’”oggetto” di visione? In effetti, no. Posso anche testimoniare che spettatori molto ma molto sparuti intervenuti direttamente per partecipare ad una serata per la giusta causa contro la segregazione animale, se ne sono scappati come se niente fosse di fronte alla visione di Bestiaire. A parte questa testimonianza diretta sulla reazione dello spettatore, c’è da aggiungere che il linguaggio cinematografico di Côte è di attesa, di pazienza richiesta. Questo è abbastanza naturale, visto che occorre intuire i sentimenti in gioco, che sono appena accennati dai personaggi.
In Les états nordiques - Drifting States (2005) ci sono gabbie strettissime in un negozio di animali. Non è che sia tanto un sotto testo del film, visto che la comunità canadese riproduce quell’atmosfera da gabbia nella quale si illude di vivere bene l’uomo qualunque in cerca di un senso per sé e per il mondo. Un po’ la versione soft del Village à la Shyamalan, qui però rimane tutto grigio, poco drammatico e il film finisce col sembrare una cronaca nuda degli eventi: di nuovo la verità è lì di fronte a chi “guarda.”
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