Ritratto di Alessandro Tavola
Presentazione

Ho fatto in tempo a sommergermi di VHS e dei palinsesti delle TV private, a vedere i cinema del sottosuolo del centro (di Milano), a dragare su internet quando non era così affollato. Ma questo appartiene un po’ a tutti quelli che s’aggirino ora attorno ai trent’anni.
A quindici anni, su una spiaggia, ho parlato per prima volta di Cinema con qualcuno (che adesso gestisce una sala in un altro continente). A diciassette anni, su internet, è successo con qualcun altro (che da un altro continente invece arriva e che adesso son sicuro stia guardando un film). Due apparizioni mai svanite, un habitat taciturno che forse vuole che tutto sia il più possibile simile ad un festival perpetuo, lontano dai seminati istituzionali, con l’assioma che il film migliore possa e debba ancora arrivare.
Con alle spalle un’università troppo lenta e deludente (dove pare usino ancora le videocassette) e una quantità eccessiva di lavori che col Cinema non c’entrano niente, di Cinema provo a scrivere (e dicono che dovrei farlo di più), e la soddisfazione è nel vedere quanto sia impossibile afferrare veramente quello che avviene tra l’occhio e lo schermo, tra lo schermo e la testa, e che tutto debba essere prima di tutto un invito a guardare.
Intrattengo rapporti telepatici con una manciata di persone che riescono a non farmi cadere in trappola, con la noia, col disordine di dove vivo e con l’abisso di film che ho visto, che vedrò o che non riuscirò mai a vedere.

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