Tim Burton e le ombre dell’anima umana. Le sue "visioni dark" sono sicuramente contagiose ed è inevitabile lasciarsi trascinare dalla suggestione noir-fiabesca di Nightmare Before Christmas. La recensione
Regia: Henry Selick
Produzione: Tim Burton e Denise Di Novi
Sceneggiatura: Caroline Thompson
Nazionalità: USA, 1994
Tim Burton e le ombre dell’anima umana. Le sue "visioni dark" sono sicuramente contagiose ed è inevitabile lasciarsi trascinare dalla suggestione noir-fiabesca di Nightmare before Christmas.
Quello che più meraviglia è la capacità di Burton di creare spazi nuovi, altre dimensioni che sono frutto della fantasia più sfrenata, ma anche una perfetta metafora del mondo. Da un lato c'e Halloween con i suoi mostruosi abitanti il cui principe è Jack Skeletron, dall'altra parte il mondo di Babbo Natale. Questa suddivisione dell'universo in buoni e cattivi potrebbe sembrare fin troppo didascalica, ma gli intenti di Burton, lo si vede chiaramente, sono tanti. Innanzitutto la ricerca di un mezzo poetico di espressione. E ci riesce benissimo: già soltanto i movimenti dei vari personaggi, grazie all'impiego della sofisticata tecnica della stop-motion ci appaiono leggeri e sinuosi, di una grazia ultraterrena. E poi tutte le creature sono sospese in una affascinante dimensione surreale, eppure spesso sconvolgente. Burton solidarizza col mondo di Jack Skeletron; Halloween è abitato dagli emarginati, dai diversi, ma anche da tutti coloro che odiano le patinature e l'omologazione del mondo di Santa Klaus, che ovviamente non può che rappresentare le ipocrisie della classe borghese.
Evviva quindi l'oscurità e non la luce. Nella perenne notte di Halloween le cose paradossalmente si vedono più chiaramente, tutti i personaggi, ognuno diverso dall'altro, rivelano una superiore autenticità. Ma quali sono le possibilità di conciliare due mondi così diversi tra loro? Ci tenta Jack, ma il suo cammino è destinato a fallire perché gli abitanti di Santa Klaus non sono in grado di apprezzare gli scherzi di Skeletron. Non resta che rassegnarsi, anche se la sensazione è quella che a Burton non dispiaccia affatto il fallimento di Jack e quindi l'inevitabile (ri)conferma dell'incomunicabilità tra i due mondi.
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