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Autore Erika Favaro :: 28 Luglio 2016

Il regista danese non perde occasione per dividere, ma nonostante tutto resta uno dei cineasti più interessanti dei nostri tempi

Lars Von Trier

È uno dei registi più controversi degli ultimi anni, spesso lo si ama o lo si odia. Ci sono dei momenti nei film di Lars Von Trier in cui si rasenta la perfezione formale, in cui lo stomaco si attorciglia, in cui però si può arrivare a provare un viscerale senso di fastidio.

Le sue dichiarazioni e i suoi modi di fare spesso sono oro che cola per la stampa, ma quello che interessa a noi è concentrarsi sulla sua arte, sulla sua visione delle cose e del cinema. Da sempre innovatore, lo ricordiamo per aver fondato il movimento Dogma 95 con Thomas Vinterberg e per essere riuscito a raccontare in modo del tutto originale e personale temi come quello della malattia mentale, della depressione e della perversione.

Per aiutarci a capire meglio la sua poetica vi proponiamo Lars Von Trier - Deconstructing Cinema, un video essay dedicato proprio al regista danese.

Un autore che senza dubbio non teme la provocazione e lo sconvolgimento del pubblico, questo fa di Lars Von Trier uno dei cineasti più interessanti del nostro tempo. È stato lui a riuscire a portare Björk  sul grande schermo con Dancer in the dark, uno dei film più dolenti di sempre e gran parte del pubblico gliene sarà per sempre grato. Di certo non lo sarà la cantante islandese che in più di un’occasione ha ribadito quanto difficile e angosciante sia stato lavorare con Lars Von Trier, esperienza che l’ha convinta ad abbandonare la settima arte.

[Leggi anche: Lars Von Trier: "Al momento mi sento molto giù. Piango e piango... "]

Limite è una parola chiave per il suo cinema ed è il regista stesso ad averlo ammesso, sostenendo che i limiti e le regole sono quello che permette alla nostra immaginazione di creare. Da Dogville a Melancholia, in ogni film Lars Von Trier ha sperimentato nuove tecniche di narrazione e di messa in scena, arrivando ad eliminare qualsiasi tipo di scenografia. Di Nymphomaniac vol. I e vol. II si è discusso moltissimo, evidenziando la presenza di scene quasi insostenibili legate al sesso e alla perversione, ma in pochi si sono concentrati sul lato quasi ironico del discorso compiuto, sul simbolismo che anima le due pellicole.

Un regista dunque da capire, da osservare attentamente per poi decidere se amare o evitare.

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