Doppia pelle - Le daim: Dupieux dirige uno psicodramma surreale tra Tati e Kaurismaki
Quentin Dupieux con il suo ultimo film, Doppia pelle, titolo originale Le daim (Il daino), dirige un'opera perfettamente compiuta nel suo totale sprofondamento (a)morale sostenuto da personaggi che sono a metà tra Jacques Tati e Aki Kaurismaki
Doppia pelle, titolo italiano per Le daim (Il daino) è il solito titolo davvero brutto scelto per un pubblico italiano che deve sempre essere condotto da qualche parte. E in questo caso, pur pertinente nei fatti, c'è anche un riferimento all'interno del film in un dialogo tra i due protagonisti principali, mi sembra del tutto fuorviante ridurre questo script quanto mai complesso alla paranoia generica di un personaggio che ad un certo punto cambia pelle... metaforicamente, certo, ma anche in maniera concreta, laddove decide di eliminare la sua giacca, che è una giacca del tutto tradizionale, con un giubotto di pelle di daino.
Si dirà che ci sta eccome con il titolo, laddove il protagonista lascia la vita distrutta con una ex moglie o compagna che gli congelerà pure il conto corrente e la carta di credito e incomincia così il solito percorso di tante sceneggiature con il nostro eroe che percorre una via nuova, del tutto sconosciuta rispetto al passato.
Il nostro eroe che si chiama Georges sembra una persona qualunque, ma già nella prima scena comprendiamo la sua relazione col mondo. Che è quella squilibrata, tenera, surreale e farsesca dello slapstick: come un personaggio busterkeatoniano in lotta con il mondo esterno, quello spazio in cui le leggi fisiche andrebbero modificate perché il nostro eroe possa vivere in una costante espansione... Beh è anche un'illusione un gioco che il bambino impara molto presto, quando scopre che è invece il mondo dell'adulto a indicare la via. Questa via può essere buona quando si sceglie un'evoluzione e allo stesso tempo si mantiene la fervida fantasia e libertà di fanciullo. Come nello slapstick Georges (interpretato dal bravissimo Jean Dujardin) che vuole sbarazzarsi della sua giacca, non la elimina in un cestino dei rifiuti, tenta invece di farla inghiottire da un wc, in una toilette di una stazione di servizio. Ma naturalmente il wc non è fatto per divorare una giacca intera, lo scarico si blocca e l'acqua invade i locali, Georges scappa, ma in qualche modo ha raggiuto l'obiettivo: liberarsi della sua giacca.
Nello slapstick e nel cinema francese alla Tati è tutto un mulinare di imprese di questo tipo: l'uomo in lotta con la Natura delle cose che va sempre contro la illimitata libertà del singolo. Di conseguenza tutte le relazioni sono improntate alla surrealtà. E qui finiamo in area Kaurismaki. Georges diventa un personaggio solo, tanto che poi il suo incontro con l'altra giovane protagonista Denise (Adèle Haenel) verrà etichettato dagli stessi protagonisti come incontro fra due solitudini. In ogni caso come tutti i personaggi del cinema di Kaurismaki percepiamo il loro aggirarsi in una sorta di spazio vuoto: vuoto è l'albergo, vuoto è il bar, deserti sono tutti gli altri spazi dove si aggirano pochi personaggi, una vera e propria rarefazione dove la Natura conta poco o nulla, tranne l'immagine ricorrente del daino che sembra ancora più lontana rispetto all'ossessione feticista che va completandosi di indossare soltanto vestiti con la pelle di daino.
Dall'altra parte l'ossessione pretende che tutte le altre giacche non siano accettabili e debbano quindi essere eliminate: da ciò ci vuole poco a passare all'eliminazione stessa, dopo delle varie giacche, anche dei vari proprietari. Ma del resto non è che questi personaggi sembrino tanto felici di vivere: uno di loro li rappresenta, ovvero il portiere dell'albergo che si suicida e il proprietario dell'hotel che si sofferma soltanto sulla fatica di rimuovere il cervello schizzato sulla parete...
Insomma, il mondo di Dupieux è arrivato al suo limite... il disagio penetrante si trasforma in un delirio sempre più psicotico, dissociato e schizofrenico. Sono personaggi che non hanno più alcuna connessione col mondo e non è solo Georges a esserne colpito, ma tutti quanti che prima o poi lasceranno affiorare il loro delirio, che corre più o meno sulla stessa linea di Georges.
Il cinema di Dupieux è quindi ancora più vivo e cupo allo stesso tempo e rispetto a qualche anno fa il suo capolavoro Rubber, ma anche Wrong e Wrong Cops appaiono rispetto a quest'ultimo delle opere quasi spensierate pur contenendo tantissimi elementi di disagio.
Dupieux fa anche riferimento e critica alla capacità di girare un film. Georges si inventa tutto, compra un manuale di tecnica cinematografica, ma parte da zero e prima di trovarsi in mano il bonus del suo fondamentale acquisto, la giacca di pelle di daino, vale a dire una videocamera digitale, dice a tutti che per fare cinema servono solo buone idee. Come diceva Godard ai giovani qualche tempo fa più o meno così: "Andate, prendete in mano una videocamera, girate un film ogni giorno ed imparerete a fare cinema... ".
Voto della redazione:
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