Recensione di Non sposate le mie figlie! | Contrasti della borghesia e della commedia francesi
Recensione di Non sposate le mie figlie! | Regista e attori si impegnano ma non si applicano: una commedia francese con pretese dissacranti ma risultati effimeri
Non c'è da fidarsi troppo dei 12 milioni di spettatori raccolti in patria da Non sposate le mie figlie!: è noto che i francesi amino tutto ciò che li riguarda da vicino, compresi vizi e ipocrisie. Il film di Philippe de Chauveron gioca esattamente sulla contraddizione, non solo francese, tipica della classe alto borghese contemporanea nei confronti dell'immigrazione, del diverso in casa. Un tema particolarmente sentito sia qui in Italia che nella stessa Francia, che si riallaccia profondamente alla questione religiosa e alle differenze laceranti dei vari credo che da millenni causano incomprensioni e distanze abissali tra i popoli fino ad arrivare alla guerra, purtroppo sempre attuale. Non sposate le mie figlie! raccoglie queste diversità razziali e culturali e le inserisce in un contesto familiare, per poterle declinare a una comicità rassicurante, non troppo audace, mai veramente provocatoria.
Se da una parte è lodevole il tentativo di ridicolizzazione delle contraddizioni della globalizzazione tramite le scene, ad esempio, dei litigi sul cibo a tavola tra i tre mariti, rispettivamente un ebreo, un musulmano e un cinese, generi di Claude e Marie, coppia progressista ma non troppo, dall'altra il livello delle battute rimane povero e banale, andando a ripescare pregiudizi superati e gag dalla risata a denti stretti. La struttura narrativa ricorda fin troppo da vicino quella di Indovina chi viene a cena di Stanley Kramer ma di certo non ne condivide né grazia né sensibilità, riprendendone lo stesso problema etico e morale senza l'attualità del film del 1967; lo stile comico è invece forse più accostabile a Ti presento i miei, ma anche alla scia del precedente successo francese Giù al Nord.
In Non sposate le mie figlie! si cerca costantemente il politically incorrect, con moglie e marito che si danno del fascista e della catto-comunista, ma la sensazione è che in fondo la soggettiva appartenga troppo spesso agli occhi della coppia bigotta, senza assegnare alcuna vera rivalsa ai mariti delle figlie, se non nella comune appartenenza al popolo francese, come dimostrato nella scena dell'intonazione tutta maschile della Marsigliese.
[Leggi anche: Bruno Dumont ha trovato la sua vocazione: la tragicommedia]
Con i soliti riferimenti a Woody Allen, Groucho Marx fino al supposto ebraismo di Roberto Benigni (per via de La vita è bella), confusioni riguardo le diverse alimentazioni e i vari malintesi dialettici che si incartano l'uno sull'altro, Non sposate le mie figlie! costruisce una “famiglia Benetton” irreale e macchiettistica, con digressioni a sproposito (la depressione e l'arte macabra ingiustificate di una delle figlie mentre le altre rimangono definitivamente spersonalizzate) e la solita convenienza buonista di un discorso finale del padre della sposa che cancella ogni contraddizione e divergenza con un semplice cin cin.
D'altro canto purtroppo, il razzismo, quello nascosto, il più infimo, è ancora oggi un fenomeno da non sottovalutare, soprattutto in casa o in patria: giocare sulle famiglie multi-razziali deve essere lecito e abituale, non solo atto liberatorio. Speriamo che Non sposate le mie figlie! sia uno degli inciampi nella costruzione di un genere comico ricco di influenze diverse.
Ultima nota per il doppiaggio italiano ai limiti dello scandalo, il quale sicuramente non aiuta.
Voto della redazione:
Altri articoli che possono interessarti
Per condividere o scaricare questo video: TV Animalista
Facebook Comments Box