Suspiria (Italia/Usa 2018), Luca Guadagnino
Recensione di "Suspiria" 2018 remake ad opera del regista italiano da esportazione, Luca Guadagnino,del classico horror stregonesco realizzato da Dario Argento nel 1977. Guadagnino percorre la strada della rielaborazione "art House", ma non convince
Quasi un'ora più lunga dell'originale di Dario Argento – del quale cerca per 150 minuti di replicare altrettanto la tensione tra l’orrorifico fantastico e l’alto melodramma infarcendo il tutto di temi “alti” da cinema d’autore in cerca di esportazione e consenso internazionale, facendo in questo pensare all’operazione analoga di Sorrentino nel 2012 con “This Must be the Place” - il film cerca l'indulgenza dello spettatore in maniera esigente, non ripagandone praticamente mai la pazienza con una storia che potrebbe essere tutta racchiusa nelle sue tonalità di colore, e che si trova in evidenti difficoltà ad affrontare tutti i –troppi- temi immessi nella narrazione, per complessivi 150 minuti. In definitiva, però, le incoerenze del nuovo “Suspiria”, i lampi di brillantezza e le irritanti pretenziosità si sentono tutte facenti parte dello stesso pacchetto. Come i numeri di danza d'avanguardia del film, “Suspiria” di Guadagnino raggiunge ciò nonostante ancora meno dei momenti davvero interessanti, o nei quali lo sforzo risulti così vorticoso da essere realmente più sorprendente dell'esecuzione.
Il film di Guadagnino è arrivato in Italia questo mese di gennaio, a cinque mesi dalla sua anteprima mondiale avvenuta allo scorso Festival del Cinema di Venezia, e dopo che praticamente era uscito ovunque, oltre ad una limitata distribuzione negli Stati Uniti, il 26 ottobre e in Gran Bretagna dal 16 novembre. Potendo contare già sull’enorme curiosità suscitata tra gli appassionati dell’originale fin da quando la sceneggiatura era in stesura da parte di David Gordon Green- poi autore del mediocre nuovo “Halloween”, e su di un cast che include la lanciatissima divetta Dakota Johnson, e Tilda Swinton in tre ruoli tra cui addirittura uno da uomo anziano sotto un pesantissimo trucco in lattice alla Michael Westmore, oltre ad un’altra piccola folla di attori americani, britannici, e tedeschi; “Suspiria” di Guadagnino non è decisamente un film riuscito, quindi sono molto improbabili le recensioni quasi tutte uniformemente eccellenti, che esso ha guadagnato in Italia nell’ultimo mese, forse per condizionamento e solita comodità, rispetto alle recensioni negative che quasi tutti i film di Guadagnino avevano raccolto in Italia, prima del dubitabile successo americano di “Chiamami con il mio nome”.
Ambientato nell’anno del primo film, il 1977 a Berlino, il film segue Susie (Johnson), una ballerina americana che è stata accolta in una prestigiosa accademia guidata dall'esigente Madame Blanc (Tilda Swinton, che ha qui ricoperto diversi ruoli). La scuola è stata sconvolta dalla misteriosa scomparsa di una talentuosa e tormentata allieva di nome Patricia (Chloë Grace Moretz), ma sebbene Susie prenda rapidamente un ruolo da protagonista nell'ultima produzione dell'accademia, c'è un crescente sospetto che stia accadendo qualcosa di malvagio all’interno delle mura del palazzo dinanzi al muro di Berlino, dove risiede l’accademia
Mentre il film di Argento del 1977 nascondeva quasi tutte le sue oscure rivelazioni per la totalità della sua storia, Guadagnino rivela ben presto che la scuola è in realtà una segreta congrega di simpatiche e conviviali streghe. Non è che uno dei tanti esempi per cui questo “Suspiria” di Guadagnino proceda per la sua strada stravagante, espandendo l'ambito dell'originale concentrandosi maggiormente sulle dinamiche tra i personaggi delle streghe, e rendendole così una specie di comune di alternative lesbiche e femministe settantesche della sinistra extraparlamentare tedesca dell’epoca, ma con l’occhio e l’orecchio evidentemente entrambi protesi alla propaganda contemporanea da MeToo. (Inoltre, vi è anche una nuova cruciale sotto trama ovviamente imperniata su deportazioni, campi di sterminio e nazismo cosicchè da credere di essere contenutisticamente inattaccabile, riguardante l’anziano psichiatra del primo film, interpretato da Lutz Ebersdorf, qui esageratamente espanso nel suo ruolo, tentando di dare così spessore alla altrimenti esangue e mai creatrice di tensione o angoscia, storia di stregoneria e terrore.)
Guadagnino e lo sceneggiatore David Kajganich hanno immaginato Susie come una audace ed enigmatica ragazza prodigio, la sua ascesa da iniziale meteorite - e il suo orrore - probabilmente ricorderanno fin troppo “Black Swan – Il Cigno nero” del 2010, sempre seguendo il florido filone dell’ambizione applicata all’arte. Il grande classico di Argento ha segnato indelebilmente per gli shock visivi, sonori, e l'atmosfera, mentre la nuova “Suspiria” ha un ritmo lentissimo e silenzioso, il remake risulta ovviamente impossibilitato a risultare inquietante, e nemmeno può deliberatamente copiarne la narrativa originale, la vibrante palette di colori o la colonna sonora dei Goblin, che da sola ispirava l’angoscia e la paura. (La colonna sonora di Thom Yorke è più triste ma anche molto più lagnosa e anonima, mentre il direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom ha preferito i marroni e grigi, ai vivaci rossi e neri di Argento e Luciano Tovoli.)
Mano a mano che i misteri si mostrano, “Suspiria” non si dimostra mai riuscito nella sua nuova elaborazione del terrore così come nell’accentuazione dei personaggi delle streghe, rispetto al capolavoro di quarant’anni fa, resi qui molto più umanizzati e quindi depotenziati dal suscitare inquietudine. La Swinton non è mai spaventosa come Madame Blanc, il colorito pallido e i lunghi capelli neri e lisci, -che parafrasando il titolo di un nostro horror gotico, alludono alla minaccia della morte, mimetizzano anche troppo, si potrebbe dire del tutto, la superficie la sua natura soprannaturale, e l'attrice vincitrice di un Oscar è così severa nel suo ritratto da risultare troppo spesso manierata, altro che la originale Jill Bennett. Nel frattempo, la Johnson avrà dalla sua la giovinezza e la luminosità, ma è anonima e non ha le qualità di Jessica Harper, in primis come ballerina. Una indicazione che l'educazione iper-puritana di Susie (rivelata nei flashback) abbia lasciato un danno duraturo, e per cui Susie non può guidare la storia e in un certo senso gli eventi del film come nell’originale, per quanto navighi attraverso il pretenzioso mosaico tematico di Guadagnino, che combina il body horror, gli elementi soprannaturali con le basi psicoanalitiche, una complicata indagine sulla maternità , e in più addirittura un trattato sul potere nazista del passato, per modellarne il presente del 1977, all’epoca della Germania Ovest nel suo anno più di piombo
Inutile dire che “Suspiria” scricchiola e vistosamente, sotto il peso delle sue smodate ambizioni, culminando in un finale che è quasi ridicolo per quanto sia sopra le righe, oltre a ricordare troppo pericolosamente quello dell’infame “La Terza madre” dello stesso Argento, vera pietra tombale su ogni velleità di dare un “seguito” diretto alla incompiuta “Trilogia delle Tre Madri”. Rimane comunque evidente la disordinata passione di Guadagnino per il film originario- e il turbinio di emozioni che vorrebbe evocare su questa grande tela, troppo grande forse per chiunque- riuscendo talvolta a imprimere una certa forza che ne trascende i suoi evidenti difetti. Di conseguenza, Guadagnino paga l'ultimo omaggio a Argento: piuttosto che riprodurre pedissequamente “Suspiria” come fece Gus Van Sant per “Psycho”– e sarebbe comunque stata una operazione suicida in partenza- , la ripropone dal suo punto di vista, cercando nuovi modi per immergere lo spettatore in uno oscuro stato onirico, ma senza riuscirvi.
Enrico Bulleri
Voto della redazione:
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