Ritratto di Andrea Caramanna
Autore Andrea Caramanna :: 18 Giugno 2014

una scena di L'ultimo viaggio di Madame Phung

L’ultimo viaggio di Madame Phung di Tham Nguyen Thi, regista trentenne al debutto con un lungometraggio, è un’opera in continuo movimento dentro gli spazi infiniti del reale. Non stupisce che il film abbia partecipato quest’anno a marzo al Festival Internazionale del Documentario “Cinéma du Réel”, che si tiene a Parigi, uno degli appuntamenti più importanti a livello mondiale quale vetrina dei documentari. Anche in questo caso l’etichetta “documentario” è del tutto insufficiente a designare una “visione” di cinema sempre nuova e diversa del reale, fatta di quelle piccole briciole di realtà che pensiamo di percepire come esseri viventi con i poveri sensi a disposizione. Il cinema documentario potrebbe esser questo, ma ogni volta che dietro e davanti la macchina da presa si muovono soggetti diversi, tutto può mutare. Così è per L’ultimo viaggio di Madame Phung. Già il titolo scelto dalla regista è significativo perché include la storia dei protagonisti in una parabola abbastanza semitragica. L’epilogo, infatti, è solo la cruda realtà. Madame Phung e gli altri artisti, cantanti omosessuali travestiti vanno in giro per il Vietnam come una sorta di circo. Si fermano da qualche parte, montano alcuni stand e la sera iniziano lo spettacolo con musica e giochi a premio. Tra il pubblico vediamo adulti e bambini, anche quando gli artisti parlano, cantano, descrivono la loro triste vita un po’ da reietti che conducono in un paese, il Vietnam, che li costringe all’estrema marginalità.

Il film è narrato senza tempo, costruito in maniera caotica, con un montaggio che certamente avrà aggiunto tanta bellezza ai presumibili momenti morti ed anche perché le riprese sono durate ben cinque anni. Le immagini descrivono un mondo sì pittoresco, ma con una sua forza e bellezza, che certo potrebbe ricordare quella pasoliniana, quando si parla di vita di strada. Ma anche il destino degli artisti dei teatri sempre in marcia, per incontrare pubblici più o meno ostili. Nelle dichiarazioni della regista Nguyen Thi Tham si coglie ancor di più il senso del trascorrere inesorabile del tempo, dal momento che la morte della stessa protagonista Phung, sopraggiunta subito dopo le riprese, costringe anche a cambiare il titolo dell’opera, che da “La bella troupe” diventa “L’ultimo viaggio di Madame Phung”.

 

 

 

 

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