Ritratto di Andrea Caramanna
Autore Andrea Caramanna :: 4 Giugno 2014

una scena di Children 404

C’è una legge vergognosa nella Russia del Ventunesimo secolo, che in un modo o nell’altro è rimasta una potenza mondiale. Il governo di Putin, fortemente retrogrado, si percepisce anche attraverso le surreali regolamentazioni nei confronti delle giovani generazioni a cui adesso viene proibita la “propaganda” omosessuale. Che un governo debba essere avanti rispetto ai suoi cittadini o rappresentare il meglio di una particolare civiltà sarebbe fortemente auspicabile. Invece quello che sta succedendo in Russia, e lo abbiamo anche visto con il movimento antigovernativo della band Pussy Riot, ha qualcosa di grottesco.

Pavel Loparev e Askold Kurov, registi di Children 404, con chiaro riferimento alle pagine internet “not found”, giocano, infatti, sull’ironia gottesca la testimonianza di alcune migliaia di ragazzini sotto l’egida protettiva di Elena Klimova, fondatrice del gruppo di supporto on line per tutti i giovani omosessuali con qualunque tipo di problema. Il film è girato spesso con videocamera a bassa risoluzione e in movimento, sia in interni che esterni, accrescendo spesso la tensione di chi cerca di farsi strada tra la incomprensione generale. Numerose scene contengono elementi scioccanti, soprattutto quando riescono a intercettare l’odio in strada e le offese da parte di una popolazione che ostenta con spregiudicata naturalezza il rifiuto nei confronti di orientamenti sessuali considerati “fuori dalla norma”. La discriminazione nei confronti degli omosessuali è totale nel paese, tanto che ai ragazzi non resta che desiderare l’emigrazione in un altro Stato, più accogliente e meno aggressivo, come per Pasha che sogna di andare in Canada e diventare giornalista. La sensazione è quella di non poter minimamente affrontare la questione della diversità sessuale: lo dimostrano le varie testimonianze che parlano di famiglie respingenti, di lacerazioni insanabili. Chiaro che alla fine la Klimova si limita a suggerire di non esprimere il coming out, perché la situazione spesso è molto pericolosa.

Il documentario di Loparev e Kurov è tra i più dolorosi e inquietanti visti di recente. Come sappiamo, la produzione documentaristica per le tematiche queer è molto diffusa, ed ha spesso il gusto della militanza, dell’attivismo per la conquista dei diritti delle minoranze sessuali. Ma qui il clima è teso, completamente diverso: se uno manifesta pro diritti lgbt in piazza Rossa, dopo un po’ si viene condotti in una stazione di Polizia, perché la legge di Putin va osservata.

Ed è la stessa Elena Klimova che in un momento di speranza rassegnata, si augura semplicemente il passaggio a tempi nuovi. Cosa sono in fondo sessant’anni? Vi ricordate quando in America i neri viaggiavano nei posti assegnati sui mezzi pubblici? Osservazioni che confermano una situazione drammatica di stallo per la Russia di oggi.

 

 

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