"Una sull'altra", di Lucio Fulci
Lucio Fulci sapeva bene come colorare di 'giallo' in tonalità sexy alcuni dei suoi film thriller più riusciti, come il notevole Una sull'altra, intriso di elementi tipici del poliziesco/whodunit, ma con un'aggiunta generosa di pepe piccante, tanto piccante che appena uscito il film fu sequestrato perché ritenuto “osceno” dalla censura del tempo (1969) e il maestro Fulci, 'il terrorista dei generi', come egli stesso amava definirsi con un po' di autocompiacimento, fu costretto a tagliare alcune sequenze hard, che per fortuna sono state recuperate nella versione uncut del film, con il titolo “perversion story”.
Ambientato in America, con un cast internazionale (Jean Sorel, Marisa Mell ed Elsa Martinelli, attori che in verità spiccano più in virtù della loro avvenenza fisica che per la qualità dell'interpretazione), la trama riecheggia lontanamente il film di Hitchcock La donna che visse due volte, per il ricorso all'espediente di una finta morte escogitata con finalità turpi ai danni di un uomo che ritroverà le sembianze della defunta venendo colto da passione necrofila - in una sosia apparente, la quale si scopre in seguito proprio la donna che egli credeva passata a miglior vita e che ha ordito la truffa machiavellica per liberarsi di lui e godersi il premio-morte pagato da una compagnia assicurativa.
Quanto alla sceneggiatura si colgono alcune debolezze nei dialoghi, che soffrono di una certa stanchezza e banalità, anche per l'inespressività del bel Sorel, ma il ritmo, i tempi e il montaggio così come le atmosfere sono assai indovinati, tenendo lo spettatore incollato alla sedia per tutta la durata del film, che rimane uno dei classici del thriller erotico all'italiana.
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Mi riferisco in special modo alla sensuale sequenza venata di fotografia porpora dove l'aristocratica Martinelli si concede con ardore al suo partner in un apparente ultimo canto del cigno del loro amore; ma soprattutto a quella in cui Fulci, alla sua maniera, cita maggiormente Hitchcock e dove il 'fortunato' Sorel si intrattiene sessualmente con la stupenda attrice Marisa Mell, sembrando morbosamente eccitato per l'interporsi mentale, prima e durante l'amplesso, delle immagini della moglie morta, seriosa e deprimente figura e che egli pur non amava ormai da tanto tempo (e qui sta il netto distinguo con “la donna che visse due volte”, molto più romantico e meno carnale e torbido non solo nell'iconografia ma nelle stesse motivazioni del personaggio maschile principale) e di quelle dell'amante sosia, frivola spogliarellista, per la quale si attizza la fiamma irresistibile dell'eros e thanatos.
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