Ritratto di Andrea Caramanna
Autore Andrea Caramanna :: 30 Maggio 2015

"Mia madre" rappresenta il punto più estremo dell’elaborazione morettiana di cinema, realtà e immaginazione. Costituisce una sorpresa, in quanto troviamo un Moretti più arretrato e dimesso

Nanni Moretti e Margerita Buy in "Mia Madre"

Mia madre rappresenta il punto più estremo dell’elaborazione morettiana di cinema, realtà e immaginazione. Costituisce una sorpresa, in quanto troviamo un Moretti più arretrato e dimesso, che attraverso pochi personaggi e situazioni narrative ordinarie riesce a trasmettere allo spettatore una visione del mondo. Per comprenderla meglio occorre analizzare più a fondo alcune scene.

Prima scena. Si sta girando la sequenza di un film, arriva Margherita Buy regista e dice a tutti di fermarsi. Poi vuole sapere chi girava con la seconda macchina da presa, lamentandosi che l’inquadratura era troppo stretta sui corpi dei personaggi (“sulle botte”). Anzi, di più, nel dialogo successivo la Buy chiede a Sandro (della seconda macchina):  “Ma tu eri con i poliziotti che picchiavano o con gli operai che protestavano… (“A lui piace di più picchiare o essere picchiato”)?” Non vogliamo neanche considerare più di tanto un possibile, ma inevitabile riferimento alla celebre inquadratura considerata abietta di Kapò, secondo la celebre critica di Jacques Rivette, ma qui il contesto è ben diverso. A parte una concreta, presunta citazione, a che servirebbe qui questo riferimento se nessuno lo coglie tranne due critici di cinema per giunta anziani? Oppure Moretti tenta disperatamente, anche se in misura molto parziale, di risvegliare il senso morale estetico di una ripresa di cinema?

Per cui bisogna accontentarsi del riferimento allo scontro operai-poliziotti sul piano sociale politico ecc., come motivo storico ricorrente. In secondo luogo quella citazione/riflessione su come fare un mestiere oggi, quello di regista: la Buy si pone il problema di inquadrare una scena con una determinata modalità piuttosto che un’altra, per le ragioni che espone: un’inquadratura troppo ravvicinata è di per sé violenta e spaventerebbe lo spettatore.

Quello che ci interessa notare è che entrambi questi elementi fanno parte di una elaborazione “interiore” degli autori. Insomma, non c’è una macchina da presa che lascia guardare liberamente un set, da cui elaborare un senso. Più che altro si prova la sensazione di essere intrattenuti dai soliti personaggi ammiccanti a stereotipi triti e ritriti, a luoghi e figure comuni dell’immaginario contemporaneo (ciò spiegherà anche la reazione finale di Turturro: il cinema fallisce, solo la vera realtà forse ha un senso). Per questa ragione questo tipo di cinema, ancorché consapevole della sua impotenza percettiva, può considerarsi “retrocesso” completamente da luogo di elaborazione del reale a riciclo, prelievo, accumulo di pezzi di storie, elementi della società che subiscono in continuazione, attraverso le reti mediatiche, quel percorso di ridondanza che da tempo ormai i veri autori hanno rifiutato o affrontato direttamente. In questo senso non vale più la pena per il cinema tentare di inseguire in modo tradizionale la realtà. Soltanto il distacco, il rifiuto, la non appartenenza, la dissociazione sarebbero gli unici stratagemmi narrativi per raccontare davvero nuove storie, pensiamo per esempio agli ultimi film di David Cronenberg (soprattutto Cosmopolis) e Leos Carax (Holy Motors). Invece Mia Madre di Nanni Moretti, (ri)racconta proprio questa sconfitta del tentativo di percepire una realtà, comunque ambigua e sfuggente.

[Leggi anche: Recensione di "Mia madre" di Nanni Moretti. Cinema e reale: la corrispondenza mancata]

Sequenza ricordo sogno: la Buy si rivede alla fine giovane con un altro fidanzato. La coppia si trova alla fine di una lunga fila davanti il cinema “Capranichetta” che sta proiettando Wings of Desire di Wim Wenders (il titolo italiano "Il cielo sopra Berlino" annacqua il senso dell’opera). In questo cammino Margherita rivede la madre, poi sente da qualcuno nella fila: “Dicono che è bello questo film”, poi incontra il fratello Giovanni che dice alla sorella: “Margherita perché non rompi una volta uno dei tuoi 200 schemi? Non riesci a lasciarti andare, a essere più leggera?”. Infine anche la giovane coppia. Margherita si rivede giovane e rivolgendosi a lei stessa ragazza: “Sono io, lo sai, sì?”, “Certo che lo so” risponde la ragazza. È un percorso già suggerito dalle ali del desiderio wendersiane: la possibilità di volare più alto per Margherita, dissociandosi un po’ dalla sua parte più pesante, dal suo “io” piccolo (e questo corrisponderebbe anche alla dissociazione a cui invita gli interpreti: stai nel personaggio, ma anche al suo fianco) e questo vale come ammissione di colpa per il cinema stesso di Moretti e desiderio di conquistare nuovi luoghi dell’immaginario rappresentativo di un "io" più grande. Chissà.

In una scena successiva il “fratello” Giovanni (Moretti) disillude la sorella Margherita (Buy) sulle condizioni della madre: “Mamma sta morendo”.  In questo caso anche simbolicamente si può fare riferimento all’impossibilità, nonostante il desiderio, di crearsi scenari diversi. I dati degli esami medici sono lì e non c’è modo di sovvertire quell’”ordine”. È senz’altro uno dei momenti che segnala la felice alternanza nel cinema di Moretti dalla fantasia all’immaginazione, alla dura realtà. E si ha la sensazione che è proprio questa realtà che si situa in una dimensione orrorifica pura, al di là del controllo, quindi anche della regia, della messa in scena: il dato di fatto come cinema puro, autosufficiente, pieno già di significato. In questo senso Mia madre appare, attraverso queste scene, opera più libera e lucida, autentica, laddove prova ad ammettere l’impotenza di una creazione “cinematografica”, umana e per questo imperfetta. Tanto che ogni evento collegato alla madre può dare luogo a reazioni irrazionali e compulsive: come Margherita che scopre la mamma in auto senza patente e poi invece di parcheggiare il veicolo lo spinge più volte contro un muro… Ancor peggio in una scena successiva, quando nella casa della madre, Margherita scoppia in lacrime solo perché non riesce a trovare una bolletta dell’energia elettrica (purtroppo questa sequenza abbastanza scult rischia di strappare la risata… oppure può anche essere un ottimo metodo per liberarsi degli scocciatori che propongono nuovi contratti… ).

In un’altra scena, in cui si svolge la conferenza stampa del film, si ammette  - attraverso il personaggio di Margherita, qui regista - la propria posizione di totale non comprensione della realtà. La regista Margherita, alter ego del regista Moretti, rivela che non è più in grado di far cinema come una volta. In passato un film poteva incidere nella realtà, forse proprio perché l’autore regista era in grado di intercettarla. Ora non più, ed è evidente: Moretti fa film che dichiarano di non comprendere né vedere alcuna realtà, se non quella spicciola degli eventi quotidiani più intimi e dolorosi (riportati dai vissuti personali), che fungono solo da ispirazione narrativa e nulla più. Ma sempre eventi ed elementi preordinati nel personale pregiudizio: come le comparse reclutate che secondo la regista Margherita non corrisponderebbero a persone reali.

Il cinema di Moretti, attraverso queste fondamentali retoriche, ripetute di continuo lungo il film ed intrinseche alle dinamiche narrative e lo sviluppo dei personaggi, è un cinema che ammette coraggiosamente i suoi limiti, non pretende di volare alto, né di imporsi come punto di riferimento. Come se arretrasse nei luoghi che può percorrere, ancorché angusti, privi senz’altro di slanci e originalità.

Tutta la scrittura così sembra deflagrare verso la scena di Turturro che si conclude con un conflitto inevitabile, laddove il cinema è un lavoro di merda e recitare è una perdita di tempo, e Barry vorrebbe abbandonare il set e tornare nella realtà! Ma anche nel confronto tra Margherita e il fidanzato Vittorio appena mollato, che ha capito benissimo chi ha di fronte: una donna chiusa completamente nel suo piccolo “Io”.

 

English Version

My mother is the furthest point processing Moretti film, reality and imagination. It is a surprise, as we find a more backward and Moretti resigned, that through a few characters and narrative situations ordinary is able to convey to the viewer a world view. To better understand it is necessary to analyze more deeply certain scenes.

First scene. You're shooting the sequence of a film, comes Margherita Buy director and tells everyone to stop. Then he wants to know who ran with the second camera, complaining that the shot was too close on the bodies of the characters ("the fighting"). Indeed, more, in the next dialog asks Buy Sandro (the second car): "But you were the cops who beat or with the workers who were protesting ... ("He likes to beat or be beaten more")?" No, we even consider that much a possible, but inevitable reference to the famous shot of Kapo considered abject, according to the famous critique of Jacques Rivette, but here the context is very different. Apart from a concrete, alleged quote, what good would this reference here if no one takes but two film critics too elderly? Or Moretti tries desperately, though very partially, to awaken a sense of moral aesthetic recovery of the movies?
So we have to settle for the reference to workers-police clash on the social political etc., As a recurring historical reason. Secondly, that quote / reflection on how to make a trade today, to director: Buy the question arises to frame a scene with a particular mode over another, for the reasons which exhibits: a shot is too close for all its violence and scare the viewer.
What is interesting to note is that both of these elements are part of a process "interior" of the authors. In short, there is not a camera that lets you watch a freely set, from which to develop a sense. More than anything you feel the sensation of being entertained by the usual characters winking stereotypes corny, places and common figures of contemporary (that also explain the final reaction Turturro: cinema fails, only the true reality may have a sense). For this reason this type of cinema, although aware of its impotence perceptive, can be considered "demoted" completely by place of preparation of the actual recycling, collection, accumulation of pieces of stories, elements of society who suffer all the time, through the media networks , that path redundancy that have long been the real authors have refused or dealt with directly. In this sense not worth the trouble for cinema groped to pursue traditionally reality. Only the separation, rejection, not belonging, dissociation would be the only narrative tricks to really tell new stories, we think, for example, the latest film by David Cronenberg (Cosmopolis above) and Leos Carax (Holy Motors). Instead, My Mother's Nanni Moretti, (re) tells precisely this defeat of the attempt to perceive reality, however ambiguous and elusive.

Sequence remember dream: Buy it revises the end young with another boyfriend. The pair is at the end of a long line in front of the cinema "Capranichetta" which is projecting Wings of Desire by Wim Wenders (the Italian title "Il cielo sopra Berlino - The Sky above Berlin" waters down the meaning of the work). In this way Margherita reviews the mother, then she hears from someone in the line: "They say that this film is beautiful", then meets his brother Giovanni, who says to her sister: "Margherita because once you break one of your 200 patterns? Can not let you go, to be lighter?". Finally, even the young couple. Margherita sees young girl speaking to herself: "It's me, you know, yes?" "Of course I do," replied the girl. It is a path already suggested by the wings of desire wendersiane: the ability to fly higher to Margherita, dissociating a bit 'from its heaviest part, from his "I" small (and this also corresponds to the dissociation which invites interpreters: are you in character, but also by his side) and this applies as admission of guilt for the same film of Moretti and desire to conquer new imaginary places representative of an "io" bigger. Who knows.

In a later scene the "brother" Giovanni (Moretti) disappoints sister Margherita (Buy) on the conditions of the mother: "Mom is dying." In this case also symbolically it can refer to the impossibility, despite the desire, to create different scenarios. The data of medical examination there and there is no way to subvert that ''order”. It is undoubtedly one of the happy moments that signals the alternation in the cinema of Moretti from the fantasy to the imagination, the harsh reality. And you get the feeling that it is this reality that lies in a dimension pure horror, beyond the control, so even the direction, of the staging: the fact as pure cinema, self-sufficient, already full of meaning. In this sense, my mother looks through these scenes, work more free and lucid, authentic, where you may admit the impotence of creating a "film", human and therefore imperfect. So much so that every event connected to the mother can lead to irrational reactions and compulsive: as Margaret discovers that her mother in the car without a license, and then instead of parking the vehicle drives him repeatedly against a wall ... Worse in a later scene, when in home of his mother, Margaret breaks down in tears because they can not find an electricity bill (unfortunately this sequence quite scult likely to tear the laugh ... or it can also be a good way to get rid of pesky offering new contracts ...).

In another scene, which takes place in the press conference of the film, he admits - through the character of Margherita, here director - its position as a total lack of understanding of reality. The director Margherita, alter ego of the director Moretti, he reveals that it is no longer able to make movies like they used. In the past, a film could affect the reality, perhaps because the author director was able to catch it. Not any more, and it is clear: Moretti makes films that say they do not understand or see any reality, but to the petty everyday events most intimate and painful (reported by personal experiences), which only serve as inspiration fiction and nothing more. But always preordained events and elements in personal injury: how the extras that recruited according to director Margherita not correspond to real people.

Moretti's cinema through these fundamental rhetorical, repeated continuously along the film and the dynamics inherent narrative and character development, is a film that boldly admits its limitations, does not pretend to fly high, nor be a point of reference . As if back ever in the places they can go, although cramped, certainly devoid of leaps and originality.
All the writing so it seems to explode the scene Turturro culminating in an inevitable conflict, where the cinema is a shitty job and acting is a waste of time, and Barry would leave the set and go back to reality! But also in comparison between Margherita and her boyfriend just dumped Vittorio, who understood very well who has faced: a woman completely closed in his little "I".

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