Operazione non facile quella di Christophe Honoré che per il suo nono film decide di ripescare dai classici della letteratura greca. "Métamorphoses" è il titolo dell'opera presentata in concorso alle Giornate degli Autori di Venezia 71
Il poema del 43 a.C. raccoglie moltissimi miti greci che Ovidio rielaborò agganciandoli al tema della metamorfosi dei corpi. Il regista francese ambienta queste storie senza tempo, spesso dimenticate, in una desolata periferia semi-rurale francese, dove nulla accade se non ci s'impegna ad attivare la fantasia.
La protagonista è una vergine, Europa (Amira Akili), che marina la scuola per salire a bordo di un camion guidato da un giovane affascinante di nome Giove (Sébastien Hirel), sapendo ben poco di quello che le aspetta. Appena oltre l'asfalto dell'autostrada c'è una terra abitata da uomini e donne potenti che sanno trasformare gli uomini in animali e in piante. Europa sta a guardare tutto, ascolta e impara senza paura in questo confronto fra dei e mortali, assaporando l'intensità della vita e dell'amore. Il suo viaggio iniziatico è cominciato, il cambiamento è in atto.
La necessità di Christophe Honorè è quella di evocare, ancora una volta, i meravigliosi miti dell'antica Grecia, che lo stesso regista leggeva furtivamente insieme al fratello da bambino. Una specie di debito che Honoré ha voluto saldare ritraendo le storie mitologiche di Ovidio in chiave contemporanea, aggiungendo sfumature pop e venature erotiche. Métamorphoses coglie questa eredità alla base della sua essenza: il viaggio della giovane protagonista è immersa in un alone di magia e anche per chi lo guarda – sapendovi riconoscere le figure mitiche che si incontrano sullo schermo – la sensazione è che lo schermo sia un velo incantato che fa ritornare indietro e ritrovare il piacere primordiale di evasione che la letteratura antica sa regalare insieme ai concetti morali. L'inizio in cui Honoré rispolvera il naturalismo francese, ritraendo acque, pioggia, foglie, ruscelli ed alberi, fa temere di essere di fronte ad un prodotto in cui la natura e i suoi rumori siano i protagonisti, ma non è così: basta aspettare e godersi le bellezze di madre natura per entrare in un universo magico.
Una fiaba moderna in cui vengono ritratti giovani corpi nella loro naturalezza, nudi e meno aitanti degli dei di un tempo (il cast è formato da giovani e sconosciuti del panorama cinematografico francese), ma con delle sneakers alla moda ai piedi, belli nella loro semplicità d'intenti. Giove, Orfeo, Bacco, Ermafrodito, Narciso, le baccanti ed altri si aggirano nella natura poco al di là della metropoli rianimando il mondo dei mortali, con i loro incanti e crudeltà aiutano a compiere il meraviglioso passaggio all'età adulta. Un viaggio bucolico e satirico diviso in episodi perfettamente legati tra loro, appassionante e romantico. Un bel lavoro per Honoré, regista storicamente legato al Festival de Cannes, che con Métamorphoses si slega dai temi importanti dei suoi film precedenti e si dedica ad una trasposizione letteraria in cui avrebbe potuto osare ancora di più: che ci stia suggerendo di ritornare all'essenza e di uscire dalle grigie città? Di sicuro riprendere in mano i classici è un suggerimento da cogliere.
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