Recensione di Irrational Man di Woody Allen con Joaquin Phoenix e Emma Stone: un compendio esauriente e sollazzante della visione del mondo di Allen secondo schemi collaudati, ma anche una riproposizione di carenze non facili da accettare
Puntualissimo, dopo quella fontana di dubbi e incertezze che era Magic in the moonlight, Woody Allen torna sulla retta via del pessimismo tout-court con Irrational Man, protagonisti Joaquin Phoenix ed Emma Stone.
Seppur con un titolo fuorviante, il regista newyorchese riesce a darci ancora una volta un piccolo trattato sulla sua arcinota visione del mondo. Che si conoscano a menadito le sue massime di riferimento o che se ne sia completamente digiuni, Irrational Man è un compendio esauriente di molto di ciò che sta alla radice del suo cinema e non solo.
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Ci ritroviamo con una prima parte sovraesposta in cui Joaquin Phoenix va a ruota libera tra citazioni, autori, proverbiali disfattismi in un modo tanto compresso e cadenzato da sollazzare nella sua semplicità, nel suo taglio incisivo, schietto, semplicistico ma mai incompleto, in una linearità che, a dirne male, potrebbe avere una controparte in una qualsiasi pagina Facebook citazionista gestita con uno scopo, in un gioco d’accumulo automatico cristallino e soddisfacente.
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E fin quando costruisce e colleziona, Allen dà il meglio di sé. Succede con tutti e con lui quasi sempre da almeno dieci anni a questa parte: lancia l’idea, la appallottola in una mezz’ora abbondante e poi si ritrova a dover fare i conti con il fatto di star scrivendo un film, ritrovandosi a fronteggiare tutte le questioni aperte. Ma anche Irrational Man non scappa alla verissima Allen-menzogna per la quale l’accidentale, il fato, il caso e il destino hanno il compito di mangiarsi via tutto, dal destino dei personaggi alla sceneggiatura al film nella sua interità. Una fascinazione imperitura che almeno questa volta parte da una prima metà definibile come completa, in cui viene detto ciò che conta e quel che segue ha l’unico dovere di mandare tutto in frantumi, di spegnere un intero discorso sullo spegnimento. E in tutto ciò, come nella tristezza svampita di Phoenix, non c’è nulla di irrazionale, anzi.
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Ma Irrational Man è una ri-esecuzione, un ribadire e rimescolare una quantità di ingredienti ben nota riusciti meglio di altre volte (Sogni e delitti) e peggio di altre (Match Point) che può generare infatuazione trasversale, un ritorno di fiamma, ma non innamoramento. Il problema è che con Allen l’idea, come si è detto, è sempre luminosa e invitante, ma è la sua esecuzione ad avere una patina che rende quasi impossibile distinguere la nonchalance dalla noncuranza. Dietro ad ogni ciak, ogni inquadratura, ogni frase non si può mai dire dove finisca la semplicità e dove inizi il pressapochismo, o quando l’asciuttezza faccia spazio alla faciloneria, e forse è preferibile credere che questo accada per svuotare ulteriormente di significato un film (anche) sull’inutilità del significato. Ma forse è troppo semplice chiederselo e quasi impossibile rispondere.
Voto della redazione:
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