In occasione dell’uscita al cinema de "La Buca", abbiamo intervistato Daniele Ciprì e i protagonisti del suo film che ci hanno rivelato maggiori dettagli sulle immagini, la sceneggiatura e la colonna sonora di un'opera così originale
Un avvocato truffaldino incontra un ex galeotto in una metropoli immaginaria dove l’illegalità è il pane quotidiano. Si potrebbe riassumere così La Buca di Daniele Ciprì, da oggi nei nostri cinema. Abbiamo approfittato della presentazione del film a Roma per incontrare gli attori e il regista e saperne di più.
La Buca è un film ricco di citazioni sia nei dialoghi che nelle immagini.
DANIELE CIPRÌ: Quando racconto una storia parto da un’idea realistica, che ambiento nei luoghi disegnati nel mio immaginario. Rubo dalla realtà quei caratteri che presento nei miei film. Citazione non è un termine che amo, le mie le chiamerei evocazioni degli autori e del cinema che amo. I film di Dino Risi e Mario Monicelli erano molto diversi da quelli contemporanei che difficilmente mi entusiasmano.
Perché ha scelto una musica ispirata a George Gershwin?
DANIELE CIPRÌ: Lui è sicuramente uno dei compositori più amati e odiati. Però nel film ci sono tutte le caratteristiche della musica classica, jazz e contemporanea. Pino Donaggio è stato fondamentale. Ero talmente emozionato di incontrarlo che ho chiamato mia madre per dirglielo.
ROCCO PAPALEO: Innanzitutto sono contento che venga nominato Gershwin perché credo che lui sia stato un anello di congiunzione tra la musica jazz e quella classica. Poi tra gli attori c’è chi la musica la conosce e si affida ad essa o chi, non la conosce e quindi viene penetrato in modo incosciente. Spero che questo verbo non venga frainteso perché io credo veramente che tra la musica e l’attore avvenga un amplesso.
SERGIO CASTELLITTO: A me ciò che interessa di più è obbedire al progetto del regista. Ho amato questo film perché, rispetto al suo primo film, Daniele si è riuscito a sporcare le mani con qualcosa di più popolare e sanguigno. La Buca è una commedia e non un film comico perché riesce a trattare con leggerezza una tragedia ovvero il tema dell’illegalità. Credo che il suo impianto sia elegantissimo.
VALERIA BRUNI TEDESCHI: Io posso dire solo che la mia musica era il singhiozzo dovuto alle risate sul set e l’allegria che si respirava. È stato divertente come lavorare con due clown.
Domanda agli attori, cosa ne pensate dei vostri personaggi?
ROCCO PAPALEO: Daniele è un adorabile logorroico che sul set dà un sacco di indicazioni. Spero di essere riuscito ad incorporarne almeno la metà nella mia interpretazione. Il mio personaggio vive in una sorta di incanto ingiustificato. Ho pensato a lui come a un angelo caduto da una prigione che prosegue la sua vita senza rancore.
SERGIO CASTELLITTO: Oscar è un cattivo e io ho avuto l’occasione di abbandonare la tradizione dei ruoli drammatici che ho interpretato finora. Mi sono finalmente scatenato dopo 35 puntate di In Treatment immobilizzato su una poltrona. Recitare anche verbalmente in modo così rapido, quasi al limite dell’impronunciabile, è stata una sfida affascinante. Poi trovo che le truffe di Oscar hanno anche un intento umanitario perché tentano di restituire dignità a persone bisognose. La verità però è che lui cerca di dare una spiegazione letteraria al fatto di essere un manigoldo tramite questa fantomatica “filosofia del diritto”.
[Leggi anche: La Buca: la commedia secondo Daniele Ciprì]
Il film è ambientato in un’epoca indefinita dove non esiste ancora la tecnologia.
DANIELE CIPRÌ: Io credo che il digitale stia come cancellando la realtà. Ho girato il mio film in pellicola e lo definirei quasi un disco in vinile.
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