Tramite un videomessaggio Ermanno Olmi ha parlato di "Torneranno i prati", dedicato ai morti senza un perché durante la prima guerra mondiale, vittime della vigliaccheria dei potenti, augurandosi che il centenario sia l’occasione per chiedere scusa
È ricoverato in ospedale per una sospetta polmonite ma neanche le cure mediche hanno impedito ad Ermanno Olmi, classe 1931, di promuovere il suo nuovo film Torneranno i prati. Tramite un videomessaggio si è rivolto alla stampa romana presente all’anteprima del film in compagnia del cast. “Mi dispiace molto non essere lì con voi ma so che la domanda che tutti mi avreste posto è perché ho scelto di fare questo film. Devo dire che è un progetto realizzato su proposta e che appena ho sentito nominare la prima guerra mondiale il mio primo pensiero è andato a mio padre che mi raccontava sempre la sua vita da soldato. Tornando a quell’argomento ho scoperto quella percezione della realtà che da bambino non potevo avere”.
Oggi, a 83 anni, Olmi ha un visione molto più chiara di quell’evento: “Noi abbiamo compiuto un grave tradimento nei confronti di tutti quei giovani e quei civili, milioni di persone che sono morte in quella guerra. Non abbiamo spiegato loro il perché di quella morte ma con i morti e con i bambini non si può barare. Adesso celebriamo il centenario con fanfare, bandiere e discorsi ma se prima non sciogliamo questo nodo di ipocrisia e vigliaccheria siamo destinati a rimanere in questa fascia neutrale del tradimento. Io mi auguro che questo centenario sia l’occasione per chiedergli scusa”.
Il suo ultimo film, Torneranno i prati, non è una solo una storia di guerra ma di uomini sotterrati nella neve che andavano incontro ad un destino ineluttabile. “Nel mio film”, afferma Olmi nel backstage, “le relazioni umane contano più dei gradi. Io, come regista, posso solo dare delle indicazioni, la poesia spetta agli attori a cui ho chiesto di essere auto gestori del proprio tempo drammaturgico”.
[Leggi anche: Da Mario Rigoni Stern a Ermanno Olmi: Torneranno i prati e Il sergente nella neve]
Poi riflette sull’età contemporanea: “Oggi non esiste più l’amore patrio, letteralmente l’amore per la terra dei padri. Quei ragazzi in guerra ci avevano invece creduto, ma hanno poi constatato amaramente che si trattata di una grande bugia. Alla base di quasi tutti i conflitti c’è un presupposto: ricchezza e potere per pochi. Spero che il mio film, al di là del dolore, mostri proprio questo per uscire da questa trappola dell’inganno nei confronti dei più deboli. Bisogna capire questo altrimenti il prezzo da pagare potrebbe essere l’esplosione dell’inciviltà”. Ma non si è fermato qui. Dall’alto della sua saggezza il regista bergamasco ha un messaggio per tutti gli spettatori, specie quelli più giovani: “Come diceva Albert Camus, se vuoi cambiare il mondo devi cambiare te stesso”.
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