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Autore Rita Andreetti :: 29 Novembre 2016

Le recenti produzioni mostrano una Hong Kong sempre più divisa tra il mantenere una indipendenza di parola e pensiero, e il cedere alle tentazioni dei generosi budget della Cina Continentale

Raise the umbrellas

Dopo la disavventura, che ha avuto risonanza mondiale, del film Ten Years, la situazione del cinema di Hong Kong è sempre più chiara: l’influenza di Pechino si sta ravvivando dietro ai sipari dei teatri dell’isola, al punto che le produzioni d’essai locali rischiano la testa. E con loro, ovviamente, i registi e i produttori che le hanno realizzate. Il richiamo ammiccante della sirena cinese, rende queste piccole produzioni sempre meno interessanti dal punto di vista commerciale e distributivo, visto che ormai tutti i produttori guardano affamati al botteghino della Cina continentale.

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Come conciliare dunque queste esigenze? Da una parte i temi che interessano all’isola e la tradizione di un cinema che si è sviluppato negli anni con solide basi di pubblico, e dall’altra l’evoluzione dell’industria cinematografica che ha spostato la lancetta irrimediabilmente verso la Cina.

In settembre è stata la volta di Yellowing, il primo dei due documentari sull’Umbrella Movement che ha tentato di conquistare uno spazio di proiezione sull’isola. Diretto da Chan Tze-woon e prodotto dalla Ying E Chi di Vincent Chui, il film non ha trovato il supporto a causa dell’esperienza con Ten Years. I gestori dei cinema si sono trovati ad avere a che fare con lo stesso Governo di Pechino quando il film ha raggiunto un grande successo di pubblico e infastidito nel profondo le autorità cinesi. Quindi, a questo giro, i distributori locali hanno messo le mani avanti e informato il produttore che non ci sarebbe stato alcun spazio per Yellowing. Ma Chan Tze-woon non si è dato per vinto, ha organizzato autonomamente delle proiezioni e ha mandato il suo prodotto ai festival.

Adesso è il momento di Raise the umbrellas, di Chan Evans. Come il precedente, anche questo prodotto ha incontrato difficoltà nell’essere proiettato nelle sale hongkongesi, così come negli istituti di cultura o associazioni di promozione (tra cui la Asia Society di Hong Kong). La ragione è sempre la stessa: manca il contradditorio. Ma il regista controbatte “Ho detto che non posso esprimere la mia posizione. Dovrei essere neutrale. Sono un giornalista. L’umbrella movie potrebbe far pensare che sto con una fazione, ma ho inserito anche delle proteste anti-Occupy”.

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Pare chiaro ormai che a questo tipo di prodotti venga applicata l’aura censoria in voga nella Cina continentale, e trovare un punto di incontro è possibile… solo alle condizioni dettate dalla Cina. Cold War 2 è un esempio recente di come fare a co-produrre riscuotendo successo in entrambi i mercati, ma il film di Longman Leung e Sunny Luk aveva tutt’altra linea narrativa e tematica. Yellowing e Raise the umbrellas nascono già zoppicanti, essendo documentari, e la loro vena cronachistica si occupa di annientare ogni speranza. Se si parla di cinema, ci si avvicina ormai sempre più al “two box offices, one system”, quello cinese.

Yellowing - Trailer
Raise the umbrellas - Trailer

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