L'esperienza di Emmanuel Lubezki sul set di "Birdman" fa capire cosa significhi essere un direttore della fotografia alle prese con movimenti di macchina, piani-sequenza, steadicam e camera a mano. Ecco come si fa la luce su un set difficile e ricco
Come è riuscito Emmanuel Lubezki a illuminare il set di Birdman, film che sembra essere un unico grande piano-sequenza? Già coreografare un set e piazzare la scenografia è un problema quando si ha a che fare con long takes e movimenti di camera, figurarsi se al contempo bisogna mantenere un'illuminazione costante che non faccia perdere continuità alla narrazione visiva.
Il film è un'abile commistione di lunghe sequenze che sono legate insieme apparentemente senza giunture, grazie a trucchetti di montaggio e al supporto di particolari effetti speciali visivi integrati durante la post-produzione. In uno dei video si può notare come sia stato possibile creare la continuità visiva del film e come è avvenuto il processo di color correction.
Ancora più difficile il processo di illuminazione si è rivelato alla luce delle tecniche di ripresa scelte da Iñárritu, come la steadicam e la camera a mano, che dovevano arrabattarsi all'interno di set non piccoli e con le sembianze di un labirinto, rendendo impossibile qualsiasi forma di illuminazione tradizionale. La soluzione più ovvia è stata quella di costruire quanti più supporti tecnici fossero possibili da contenere e muovere sul set, di modo da preservare la libertà del personaggio e consentire movimenti di macchina mantenendo un senso di luce naturale.
[Leggi anche: A Iñárritu il premio DGA alla regia per "Birdman"]
Non era facile per Lubezki allestire l'impianto luci in modo da soddisfare le esigenze di un set estremamente complesso. L'idea era verosimilmente quella di simulare una rappresentazione teatrale, per cui il lavoro del DOP è stato particolarmente arduo soprattutto quando ha dovuto applicarsi alle riprese di Michael Keaton: continui cambi di luce sull'onda di un movimento di macchina molto concitato, che non consentiva una omogeneità costante dell'effetto visuale. La maestria di Lubezki è stata proprio quella di collocare le luci nei posti giusti: una prova ulteriore che la grande competenza tecnica di un direttore della fotografia si esprime innanzi tutto nella capacità di interpretazione delle opportunità offerte dagli spazi - angusti come in questo caso - a disposizione.
"Per esempio, la luce che illumina Michael allo specchio del make-up creerà un'ombra un minuto dopo se noi ci muoviamo per la stanza. Così dovevamo calcolare i tempi di tutti i cambi di luce, assicurandoci che non comparissero ombre. Dovevamo gestire le luci e la loro diffusione. C'erano macchinisti che si muovevano con me. Ogni volta che vedi una ripresa, calcola che c'erano otto persone che erano dietro e intorno a me. Era proprio come un balletto e questo ha reso il tutto davvero eccitante", così "Chivo" ha raccontato l'esperienza a Hollywood Reporter.
Nel Making of si può notare qualche esempio di questa incredibile sfida di Lubezki sul set di Birdman.
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