Ritratto di Annalina Grasso
Autore Annalina Grasso :: 22 Luglio 2014

Gary Cooper

L’eroe del cinema americano, un divo affascinante divenuto un sex symbol suo malgrado, depositario dei valori morali in cui L’America si è largamente riconosciuta: ha rappresentato questo l’attore Frank James Cooper (7 Maggio 1901 Helena, Montana, USA - 13 Maggio 1961, Los Angeles) meglio conosciuto semplicemente come Gary Cooper.

Le origini inglesi del celebre attore rappresentano un dato di non poco conto se si pensa ai suoi modi garbati, alle sue belle maniere da perfetto gentleman, alla sua raffinatezza, alla sua cultura. Gary Cooper era un idealista e ciò si configurava come un elemento di distinzione se non di contrapposizione tra il tipico attore virile e pragmatico made in USA.

Cooper studia alla Grinneil University quando avverte il bisogno di cercare lavoro per convolare a nozze con la sua fidanzata di allora, nel 1924 in California, e tenta senza fortuna l'esperienza di disegnatore di fumetti. Comincia a lavorare nel cinema per caso, come comparsa e stuntman sfruttando soprattutto la sua abilità nel cavalcare, essendo cresciuto in un ranch; viene notato da uno dei più famosi talent scout di allora, Nan Collins, il quale gli consiglia di cambiare il suo nome in Gary, e nel 1926 entra nel cast de La rivincita di Barbara Worth di Henry King, dove riesce a mettersi bene in mostra pur comparendo in una sola scena. Cooper finalmente viene  scritturato dalla Paramount Pictures, che decide di lanciare l'attore in film western. L’attore prende parte al primo film della storia del cinema premiato con l’Oscar, ovvero Ali del 1927 di William Wellman, ma nonostante una brillante carriera come pistolero e cowboy, Cooper vuole dimostrare di essere capace di cimentarsi anche in altri ruoli e l’occasione arriva grazie al melodramma barocco e antirealistica Marocco del 1930 per la regia di Josef von Sternberg; l'attore veste i panni di un legionario bello ed impossibile, amato da Marlene Dietrich. Nel 1932 è nel cast del celebre Se avessi un milione di Ernst Lubisch e nella prima versione cinematografia del romanzo di Hemingway Addio alle armi di Frank Borzage, nel ruolo di un soldato americano che combatte sul fronte italiano e che si innamora, ricambiato, di un’infermiera inglese. Nel 1933 è diretto ancora da Lubisch nella commedia Partita a quattro, nel 1934 è accanto a Shirley Temple e a Carole Lombard nei panni di un ladro di gioielli nell’eccentrica ed anomala commedia di Henry Hathaway, Rivelazione.

Film dopo film, Cooper riesce a scrollarsi di dosso quell’immagine di virilità sulla quale avevano puntato i produttori della Paramount; tuttavia è l'incontro con il regista King Vidor per il romantico Notte di nozze del 1935 che fa emergere in Cooper un'altra caratteristica fondamentale del cinema americano di quell’epoca, ovvero l'individualismo: l’uomo solo, incompreso, che lotta per i suoi ideali, ha un valore assoluto. In questa pellicola Cooper è uno scrittore sposato  in cerca di ispirazione che si innamora di una ragazza polacca, anche lei impegnata. Nel 1936 è diretto da Frank Capra in una delle sue commedie più classiche, È arrivata la felicità, dove l’attore interpreta un candido personaggio che decide di elargire la sua fortuna ereditata ai poveri e la famiglia cerca di farlo passare per matto. Qui Cooper è bravissimo a rendere i buoni sentimenti come efficaci mezzi di lotta uniti ad un sottile senso di umorismo. Del medesimo anno sono La conquista del west, per la regia di Cecil B. DeMille,  grazie al quale Cooper torna alle origini interpretando le gesta di Wild Bill Hickock, amico di Buffalo Bill e Calamity Jane, e nella commedia romantica firmata ancora Bozage, Desiderio. Nel 1940 Cooper è di nuovo un cowboy nel western diretto da William Wyler, L’uomo del west, un film da antologia, dove l’attore riesce ad imprimere sul suo volto e nei suoi comportamenti tutti i motivi tipici e le contraddizioni della cultura americana. Nel 1941 è diretto da Howard Hawks in Il sergente York, nel ruolo di un timido e sbadato contadino del Tennessee, che inizialmente rifiuta la guerra per motivi religiosi, poi accetta e si batte da eroe. Cooper si aggiudica la sua prima statuetta. Nel 1942 Cooper commuove il pubblico americano facendo breccia in una delle sue più grandi passioni, interpretando il giocatore di baseball Lou Gehrig, asso degli Yankees in L’idolo delle folle di Sam Wood che lo dirige anche in Per chi suona la campana (tratto dal romanzo di Hemingway) nel ruolo del soldato americano repubblicano Robert Jordan che si innamora di una vittima di guerra (Ingrid Bergman).

I dieci anni successivi  si profilano nella vita personale e artistica dell'attore come un periodo difficile. Cooper riversa tutte le sue tensioni nel lavoro, come dimostrano i capolavori La fonte meravigliosa (1949), nel ruolo di un architetto geniale che non scende a compromessi (allegoria dell’individualismo) di Vidor, e Mezzogiorno di fuoco (1952) di Fred Zinnemann. Nell'interpretazione di Will Kane, per la quale ottiene il secondo Oscar, Cooper non sembra più quell’attore affabile e pieno di espressività, recita con sofferenza e amarezza.

Nel 1954 l'attore recita al fianco di Burt Lancaster, in Vera Cruz di Robert Aldrich, e tre anni più tardi in Arianna di Billy Wilder, in cui interpreta la parte di un playboy che si confronta con Audrey Hepburn in un interessante gioco di seduzione. Ma Cooper è sempre più stanco, disincantato ed insofferente, quasi fosse consapevole di non poter più affascinare il pubblico come una volta.

Gli ultimi film del grande attore non sono all’altezza della sua fama, tranne l’ultimo, il thriller Il dubbio (1961) diretto da Michael Anderson.

Gary Cooper, divo osannato dal pubblico femminile, famoso anche per i suoi amori con attrici, intelligente, versatile, spontaneo, convertitosi in maniera commovente al cattolicesimo in età matura, è stato senza dubbio un grande professionista, sobrio e meticoloso, ambizioso e rigoroso.

Una figura che ancora oggi non appena si palesa sullo schermo dà vita alla magia del cinema con la sua luminosità naturale valorizzata dai più grandi registi con cui il divo “popolare” dalle buone maniere ha lavorato.

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