Ritratto di Rita Andreetti
Autore Rita Andreetti :: 8 Dicembre 2014

Tutti coloro che hanno calpestato la zona del Lido in tempo di Mostra del Cinema di Venezia, avranno avuto a che fare con lui. Capigliatura arrabbiata e talento graffiante, una cocciuta caparbietà artistica che ha fatto sì che la sua produzione grafica nascesse dal basso, con tanta autopromozione, fino ai più alti livelli.

Si parla di Simone Massi, la sigla per eccellenza di ogni film della Mostra del Cinema, quei racconti fatati che viaggiano penetrandosi l'un l'altro fino ad avere accesso ad un mondo sconfinato.

 

Pochi colori, se non addirittura assenti poiché il bianco e nero di quel graffio geometrico (un po' carboncino un po' penna Bic e un po' pastello di scuola) sa essere molto più profondo nelle sue ombre dinamiche, che qualunque altra campitura. Un colore denso graffiato con punte secche, infatti, ecco la sua tecnica, come fosse una incisione nella solidità della vita: una scelta tecnica a partire da La memoria dei cani (2006) che rende il lavoro di Simone Massi un vanto per l'animazione italiana.

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Ci porta nella tradizione, nel futuro, nei rimpianti; la musica lo culla e lo guida in una lunga apnea poetica, dove il movimento più spesso è lento e mellifluo, ma sempre in avanzamento e in concatenamento. La profondità di campo è una profondità di pensiero, è una profondità in allontanamento e un volo che il più delle volte è all'indietro: verso il passato e la memoria, verso i valori della civiltà contadina e della corporale manualità (tra cui, Dell'ammazzare il maiale, 2011, David di Donatello del 2012). Perché la sua posizione è per una identità fatta di tasselli di storia: c'è la Resistenza Italiana, infatti, così ossessivamente presente e attinta dai racconti, dalle canzoni, dalle testimonianze (Tengo la posizione, 2001; Animo resistente, 2013, Nastro d'Argento Miglior Animazione); così come ci sono tante suggestioni dell'infanzia, che comprendono suoni evocativi e musiche seducenti (Io so chi sono, 2004).

 

Non è un tipo da grande clamore; se ne resta nel suo studio a continuare certosino il lavoro di precisione del disegno, di graffio, di geometrica asimmetricità degli spazi. Ci è voluto un documentario per conoscerlo un po' di più, firmato da due (ex)sconosciuti che con lui hanno condiviso le idee e gli ideali: Animata Resistenza, di Francesco Montagner e Alberto Girotto, Miglior Documentario alla Mostra del Cinema di Venezia 2014.

Ma non si può che restare affascinati dal sua perseveranza, un'attitudine che la società ha via via svilito in favore di ritmi accelerati e affanno del successo: il suo, di successo, se mai così lo si può definire in un'Italia che non lo capisce davvero, è un meritocratico riconoscimento dell'evidenza di un talento costruito sul vero sacrificio. Lavorare sodo e lavorare con passione, che altro?

Sarà forse la sua cosciente accezione politica, una individualità costruita anche sull'idea della responsabilità del sociale, dove non ci si può disinteressare dell'aspetto civico. Ecco, in questa Italia che a tratti sembra fintamente libera di parlare di politica, quasi non stupisce che in passato, malgrado gli oltre 200 riconoscimenti nei festival, di Simone Massi non sia rimasta la firma.

Ma ora eccolo lì, ad oltre un decennio dall'inizio, ecco la sua rivincita artistica. Venezia gli dedica una rassegna, le testate ne parlano, la sua tecnica viene spiata, ha in cantiere una collaborazione con Stefano Savona. Ecco il suo disegno diventare patrimonio di tutti.

Ha firmato oltre 20 film, come potevo citarli tutti. Recuperateli sul suo sito www.simonemassi.it

“Un'ora di animazione mia è fatta di una ventina di piccoli film, venti anni di lavoro e trentacinquemila disegni”

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