Nel 1915 debuttò a Los Angeles "The Birth of a Nation", il cult di David Griffith che passò alla storia come il capostipite e il miglior esempio del montaggio cinematografico classico, ma anche come uno dei film più razzisti della storia del cinema
L'8 febbraio del 1915 venne proiettato a Los Angeles, ufficialmente, Nascita di una nazione (The Birth of a Nation): il regista, David Wark Griffith, ancora non sapeva che cosa avrebbe scatenato il suo film nella società americana e nemmeno era conscio, forse, di aver scritto una pagina fondamentale della storia del cinema.
Forte dei suoi ricordi d'infanzia e dei racconti del padre, Griffith disegna un progetto di 190 minuti ambientato durante la guerra di secessione americana: la prima parte descrive la situazione prima della guerra civile, mentre la seconda è dedicata alla ricostruzione. Protagoniste sono due famiglie, una nordista e una sudista.
Fortemente stereotipati, i personaggi viaggiano all'interno di una dinamica cinematografica mai vista prima, con Lillian Gish a dominare sul cast con la sua bravura; l'attrice era entusiasta della maniera di girare di Griffith, che aveva intenzione di sfruttare il potere del montaggio per costruire una narrazione "in movimento" e non basata solo sulla messa in scena statica delle singole inquadrature. Fu una rivoluzione decisiva per l'intero mondo del cinema, che imparò a lavorare con i diversi tipi di montaggio messi in pratica da Griffith, che andranno a codificare la tecnica sui manuali di cinema. Nelle scuole e negli atenei, come esempi di montaggio analitico, alternato e parallelo, vengono mostrate sequenze di Nascita di una nazione.
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Griffith non scampò però alle dure critiche di parte della società americana per la rappresentazione bestiale dei neri e per la glorificazione dei cavalieri incappucciati tristemente noti con il nome di Ku Klux Klan, che tornò in auge proprio poco dopo negli Stati Uniti facendo da contraltare di provincia al complesso periodo che viene ricordato come quello dei "ruggenti anni Venti". Ovviamente il regista fu additato come responsabile di questa rinascita ingloriosa e il suo nome rimase per sempre macchiato da questa polemica.
Griffith evidentemente agì forte della sua formazione reazionaria e quasi inconsapevole di quello che avrebbe suscitato nelle associazioni pro-afroamericani, tanto che egli stesso rimase scosso dai tumulti in piazze e strade che il suo film causò; questo venne anche vietato a Chicago, in Ohio, a Denver, a Pittsburgh, a Saint Louis e a Minneapolis.
Una chance per redimersi arrivò poi con Intolerance, tentativo di condannare la violenza e il sopruso nei confronti dei più deboli anche alla luce delle accuse dalle quali il regista voleva difendersi. La sua teoria voleva che il movimento del Klan fosse stato decisivo per la riappacificazione del Sud nella guerra di secessione, minato dagli abolizionisti supportati dai neri fuori controllo che imperversavano nelle campagne.
Resta il fatto che il film è una colonna portante del cinema e una lezione di regia da apprezzare, non solo ogni cento anni!
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