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Autore Redazione :: 14 Gennaio 2016

Ventisettesima edizione per il Trieste Film Festival, atteso appuntamento tra i festival, poiché da anni imprenscindibile luogo di ricerca della cinematografia dell’Europa Centrale e Orientale

La locandina del Trieste Film Festival 2016

Il Trieste Film Festival è un appuntamento atteso tra i festival poiché da anni è un luogo di ricerca della cinematografia dell’Europa Orientale. Siamo arrivati alla ventisettesima edizione, diretta da Annamaria Percavassi, recentemente scomparsa e che sarà ricordata nell’occasione, e Fabrizio Grosoli, che si svolgerà dal 22 al 30 gennaio.

Sarà attesissima l’ospite d’onore di quest’anno, una delle dive più stimate del cinema d’essai, Irene Jacob, perfetta poi per rendere omaggio al maestro Krzysztof Kiéslowski, per il ventesimo anniversario dalla sua scomparsa. La Jacob era infatti interprete di alcune opere fondamentali del maestro polacco, ovvero La doppia vita di Veronica, grazie al quale ottenne il premio di migliore interprete a Cannes, e Tre colori – Film Rosso, che fu pure candidato all’Oscar nel ’95. Nel focus dedicato a Kiéslowski sarà proiettato anche Decalogo.

Tra le opere più attese il film che ha avuto enormi consensi all’ultimo festival di Cannes, Sole Alto di Dalibor Matanic. Il film sarà distribuito nelle sale italiane a marzo, distribuito da Tucker Film.

La chiusura del festival è affidata a un grandissimo maestro, Otar Iosseliani e il suo film in anteprima Chant d’hiver, per il quale il regista ha dichiarato: “tutte quelle sciocchezze che m’incantano: l'ottimismo dei ricchi che sprecano la loro vita in così tanti inganni, pur di mantenere un patetico patrimonio... e il sogno di diventare ricchi dei poveri, che se avranno la sfortuna di riuscirci saranno condannati alla stessa infelicità di coloro che adesso invidiano”. Il film ha un cast assortito e curioso, da Rufus e Mathieu Amalric a Tony Gatlif ed Enrico Ghezzi.

E adesso diamo uno sguardo al Concorso internazionale lungometraggi: otto i titoli, tutti in anteprima italiana, nel quale convivono opere di grandi autori e giovani promesse.
Tra le prime, il nuovo film – come sempre potente ed estremo – della capofila del cinema lettone Laila Pakalnina, che in AUSMA (Dawn / L’alba) si rifà al passato sovietico, echeggiando nella storia del piccolo Janis quella del “giovane pioniere” Pavlik Trofimovič Morozov, protagonista della propaganda stalinista negli anni ’30.

Oleg Novković firma con PATRIA (Otadžbina / Homeland) la seconda parte di una trilogia dedicata alla cosiddetta “generazione perduta” della ex-Jugoslavia, indagando – attraverso un aspro ritratto familiare – la Serbia di oggi.

Esordiente nel “lungometraggio di finzione”, ma ben noto al pubblico internazionale per il suo premiato passato di direttore della fotografia e documentarista, il polacco Marcin Koszałka presenta CZERWONY PAJĄK (The Red Spider / Il ragno rosso), inquietante storia vera – insieme nerissima e visivamente raffinata – di un serial killer nella Cracovia degli anni ’60.

Debuttanti gli altri autori in concorso: Visar Morina, che in BABAI rievoca il Kosovo degli anni 90 attraverso la storia di un padre che vuole fuggire dal passato, anche emigrando illegalmente in Germania, e di un figlio che cerca in tutti i modi di restargli accanto; Dimitar Dimitrov, capace di fondere abilmente generi e storie, trasportatori di salme e femme fatali, horror e romanticismo, amori (impossibili) e morti (molto più probabili), in una commedia nera, SUBIRACH NA TRUPOVE (Corpse Collector / Il collezionista di cadaveri) che dimostra una volta di più la vitalità del giovane cinema bulgaro; la lituana Alanté Kavaïté, premiata come migliore regista allo scorso Sundance Film Festival per SANGAILĖ (The Summer of Sangaile / L’estate di Sangaile), sognante storia d’amore tutta al femminile tra una diciassettenne affascinata dagli aerei acrobatici (ma terrorizzata dall’altezza) e una coetanea che non ha paura di nulla (uscirà in Italia distribuito da Movies Inspired); il rumeno Nicolae Constantin Tănase, che in LUMEA E A MEA (The World Is Mine / Il mondo è mio) aggira ogni facile sociologismo raccontando il mondo interiore di una sedicenne di provincia, Larisa, pronta a tutto pur di realizzare i propri sogni in una piccola città sul mare in cui sembrano contare soltanto l’apparenza e il denaro; e l’ungherese Lili Horváth, che in A SZERDAI GYEREK (The Wednesday Child / Il bambino del mercoledì) segue le disavventure di una coppia nella periferia di Budapest in un dramma sociale sui giovani emarginati costruito intorno a un intenso personaggio femminile.

Come evento speciale segnaliamo anche l’anteprima mondiale di La supplication di Pol Cruchten, ispirato ai tristi eventi della centrale nucleare di Cernobyl a trent’anni dal fatale incidente.

Per maggiori informazioni è on line il programma completo del festival.

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