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Autore Angelita Privitera :: 25 Ottobre 2014

Gabriele Salvatores racconta la sua esperienza collettiva "Italy in a day" svelando curiosità interessanti durante il panel "Memoria senza frontiere" tenutosi all'Internet Festival a Pisa.

Panel “Memoria senza frontiere”

Ricco di ospiti il panel “Memoria senza frontiere”, tenutosi giovedì 9 ottobre dalle 16:00 alle 18:00 all'interno della tensostruttura Geoide in occasione dell'Internet Festival 2014 a Pisa, a cui ha anche partecipato, virtualmente, Gabriele Salvatores, svelandoci interessanti curiosità sul suo progetto collettivo Italy in a day

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Moderatore dell'incontro Riccardo Staglianò, inviato di “Repubblica”, il quale ha precisato in prima battuta che la memoria di cui si sarebbe discusso non era una memoria qualunque Noi vogliamo parlare della memoria consapevole. Proprio così. Nonostante, infatti, i vari ospiti presentassero ognuno un progetto ben diverso, già all'attivo o in fase di realizzazione, erano tutti accomunati da un unico filo conduttore: salvaguardare la memoria collettiva.

E come riuscirci volendo fruire delle nuove tecnologie? Memorie vs (o con) il sapere digitale quindi. Beni tradizionali e strumenti reinventati, un nuovo Rinascimento per comporre la nuova memoria, quella partecipata e collettiva.

Un patrimonio storico da cui tutti possono attingere e su cui tutti possono, anzi devono, contribuire in modo attivo. La memoria mossa dalla voglia di collegare passato e presente, grazie alla tecnologia. Questo, ad esempio, è ciò che avviene dentro HistoryPin, l'esperimento già da tempo avviato e in grande espansione realizzato da Brendàn Knowlton, direttore e creatore di questa famosa piattaforma di raccolta e archiviazione di foto storiche, video, interviste e ricordi personali uploadati, o meglio “appuntati”, direttamente dagli utenti. “Grazie a Google Street View è possibile poter sovrapporre foto storiche con quelle recenti di uno stesso luogo. In questo modo possiamo ricordare le nostre storie e farle conoscere a tutto il mondo” sostiene con entusiasmo lo stesso Knowlton. “Perché portare avanti questo progetto? Perché dà l'opportunità di sentire il valore del singolo contributo, di ricostruire la memoria collettiva a partire da quella individuale”, conclude il direttore di HistoryPin.

Parte subito dopo il collegamento speciale, direttamente da Londra, con Gabriele Salvatores impegnato attualmente alla realizzazione del film Il ragazzo invisibile. Si collega perfettamente al concetto di memoria collettiva la sua esperienza di primo film collettivo-social nazionale dal nome Italy in a day.

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Così Riccardo Staglianò lo indirizza dritto al punto.

Parlaci del tuo progetto Italy in a day. Quanti e quali tipologie di video hai ricevuto?
Beh, abbiamo ricevuto quasi 45 mila video e purtroppo nello spazio limitato di 75 minuti ne abbiamo potuti selezionare solo 600/700. Ho constatato che questi video non contenevano cose trash anzi erano molto sinceri, diretti, una sorta di message in a bottle. Anche con un senso di responsabilità molto grossa. Sono rimasto molto colpito dalla qualità delle immagini che abbiamo ricevuto, grazie alla diffusione di questi nuovi mezzi digitali usati spesso anche in modo professionale.

La cosa più difficile è stata sicuramente la scelta dei video. Quali criteri avete utilizzato per la selezione?
Abbiamo seguito principalmente tre livelli di selezione. Il primo è stato quello tecnico (il più semplice), il secondo legato alla sincerità ed immediatezza dei video; abbiamo preferito scene meno costruite ma più spontanee. E il terzo livello è stato quello di individuare un paio di persone che facessero da filo rosso per tutta la durata del film. I nostri fili rossi sono stati due: il ragazzo che attraversa l'oceano con dei container e il nostro astronauta Luca Parmitano con i suoi video spettacolari. Poi sono stati trattati alcuni temi principali come l'amore, la paura della fine, i bambini.

Avete capito chi era un video-maker professionista e chi no? E come avete gestito questa caratteristica?
Sì, abbiamo ricevuto molto materiale ben girato e abbiamo scelto di distribuire i video realizzati da professionisti in modo differente, dividendo il film in tre parti: la prima parte con una proporzione 30 per cento video di professionisti e 80 per cento non professionisti, a metà film siamo rimasti sul 40 per cento professionisti o semi-professionisti e alla fine del film ha prevalso l'80 per cento dei video dei professionisti.

Che “tipologia” di persone hanno inviato i video?
Ho notato che nei 45 mila video ricevuti non ci sono persone ricche o famose, forse perché la forma di condivisione non acchiappa particolarmente le persone che hanno messo già a posto la loro vita. E questo però non è bello perché è importante anche la condivisione di cose positive per trasmettere la serenità della propria vita.

Cosa ti ha colpito dei contenuti ricevuti?
Il fatto che non c'era tanta rabbia. Insoddisfazione sì, tanta, ma raccontata con una vena di intimità.

Qualche anno fa ci fu un esperimento, vennero distribuite delle telecamere ai bambini di Baghdad per riprendere le loro vite e il regista ha poi unito questi video in un unico filmato. Lei crede che il suo Italy in a day sia stato solo un esperimento una tantum o crede di realizzarne altri?
Beh non sono il primo, anche la De Lillo ha realizzato un film-documentario partecipato, Il pranzo di Natale. Credo che il cinema si faccia una serie di domande, non solo legate alla distribuzione, ma soprattutto legate alle tematiche; incentrarsi non solo sulle storie ma sul come raccontarle. Probabilmente mi piacerebbe riprovare questa esperienza perché credo che questa possa essere una nuova forma di Neorealismo. Adesso qui a Londra sto lavorando ad nuovo film, L’uomo invisibile, chissà magari il cinema potrebbe focalizzarsi sugli uomini invisibili, che non sono assolutamente dei selfie.

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Ironico Salvatores che lascia con un nuovo punto interrogativo: stiamo davvero attraversando l'epoca di un nuovo Neorealismo in cui al posto della presa diretta si sostituisce una presa di coscienza collettiva?

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