Presentato in concorso al Festival di Berlino 2015, "Eisenstein in Guanajuato", ultima fatica del regista inglese Peter Greenaway, divide le platee della kermesse tedesca
Presentato in concorso al Festival di Berlino 2015, Eisenstein in Guanajuato è l’ultima fatica del regista inglese Peter Greenaway, autore sapiente e intelligente ricordato soprattutto per il legame che connette i suoi film al mondo della pittura.
Quest'ultimo lavoro prende spunto dal soggiorno che il regista sovietico Sergei Eisenstein trascorse in Messico nel 1931. Lo stile adottato dal regista per inscenare tale fatto è, come sempre, colorato, dinamico e barocco, teso a rinchiudere il protagonista tra le mura del quadro della macchina da presa e a mantenerlo sotto osservazione quasi come fosse una cavia. Il pubblico del film funge da spettatore di un uomo spoglio di qualsiasi difesa e intimità (lo vediamo nudo durante atti d’amore omosessuali ad esempio). La regia di Greenaway non dà tregua al protagonista ingabbiandolo attraverso movimenti interessanti e innovativi (come nella carrellata quadrilatera che costituisce il momento più interessante dell’intero lavoro) e cercando di scrutarlo sotto diversi punti di vista per riuscire a studiarlo meglio.
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Tuttavia è proprio lo studio (filologicamente parlando) che sembra essere la carenza principale del film. Il regista inglese pare, infatti, non essere interessato al cineasta Eisenstein, trattandolo piuttosto come un Sergei qualunque. Eccetto la prima eccezionale sequenza d’apertura, il resto della pellicola non è incentrata sullo stile, sulle tematiche o sulla cultura che pervadono la filmografia del sovietico. Questa mancanza di approfondimento non deve essere vista necessariamente come un difetto, ma, quando l’opera entra nella sua parte centrale, ecco che allora il tutto inizia lentamente e inesorabilmente a cedere. Greenaway ha molta fantasia visiva e lo dimostra largamente, il risultato però sembra fine a se stesso, privo della materia prima che dovrebbe essere alla base del progetto. Perdendo il controllo sulla sostanza (attraverso riferimenti macabri eccessivi, rallenti ingiustificati, sequenze inutili mirate a creare una dicotomia tra buoni e cattivi piuttosto elementare e priva di senso in un’opera come questa), Eisenstein in Guanajuato rischia di rimane un film riuscito a metà, che farà sicuramente contenti i fedeli fans del regista, mentre lascerà indifferenti e paghi della loro avversione coloro che non hanno mai apprezzato il suo operato.
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