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Autore Simona Carradori :: 23 Agosto 2016

La dissolvenza nel cinema può avere molti significati e funzioni: mostrare lo scorrere del tempo o rafforzare gli effetti speciali, e talvolta, può nascondere messaggi criptici che racchiudono il senso di un'opera

L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov

La dissolvenza è una delle tecniche più versatili usate nel cinema per passare da un fotogramma all'altro, o all'occorrenza, fonderne due insieme. I cineasti in base alle loro esigenze possono usarla in modo da renderla volutamente visibile - di solito attribuendo un particolare significato alle immagini sovrapposte - o farla passare del tutto inosservata all'interno della narrazione, guidando lo spettatore da una scena all'altra senza che si accorga dello stacco. È una tecnica registica che si presta praticamente a qualsiasi genere cinematografico o tipo di ripresa, ed è per questo che negli anni si è diffusa in qualsiasi ambito inerente all'audiovisivo; persino nei filmini girati dai vostri genitori quando eravate piccoli potrebbero esserci delle dissolvenze.

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Tempo
Uno dei suoi usi canonici riguarda principalmente lo scorrere del tempo. Se si vuole mostrare una certa situazione o contesto che varia con il passare dei minuti, delle ore o degli anni, oppure semplicemente passare da due scene cronologicamente distanti l'una dall'altra, la dissolvenza è una delle tecniche più efficaci. Georges Méliès fu il primo a servirsene proprio a questo scopo. Il seguente video tratto dal film Cenerentola del 1899 mostra il primo uso della dissolvenza nella storia del cinema.

Di solito quando viene usata frequentemente in un film per scorrere da una scena alla successiva, la dissolvenza indica un tipo di narrazione lenta, che si prende tempi molto lunghi nella progressione da una situazione all'altra. Sono un esempio le epopee di capolavori come Il Padrino o Lawrence d'Arabia, in cui la tecnica in questione si adatta alla perfezione sia al ritmo che ai toni.

Effetti speciali
Oltre ai cambiamenti di scena o allo scorrere del tempo, la dissolvenza è stata usata in passato - ma spesso ancora oggi - come ausilio agli effetti speciali. Uno dei primi a sperimentarla fu Fritz Lang nel suo Metropolis, dove inserì in trasparenza i due fotogrammi della trasformazione di Maria, come si vede nella GIF sottostante.

Tuttavia, una delle scene più famose per il sapiente utilizzo della dissolvenza negli effetti speciali è tratta dal film L'uomo lupo di George Waggner del 1941, in cui l'attore Lon Chaney Jr. si tramuta nella terribile bestia.

Meno celebre - forse perché impercettibile - ma comunque molto suggestiva, è anche la dissolvenza usata da Hitchcock nell'ultima scena di Psycho, in cui Norman Bates fissa la videocamera con uno sguardo enigmatico per poi svanire nel fotogramma finale. Se si guarda attentamente, si può scorgere per qualche secondo la sagoma di un teschio sovrapposta al volto dell'attore.

Messaggi nascosti 
Proprio per quanto riguarda la sovrapposizione delle immagini, spesso i registi si servono della dissolvenza per scopi totalmente differenti da quelli finora elencati. Mantenere due fotogrammi in trasparenza l'uno sull'altro per un lasso di tempo superiore a quello necessario a realizzare una semplice transizione, ha uno scopo ben preciso per molti autori: creare una sorta di ritratto che sia più incisivo di un singolo frame, e che solitamente assume un forte significato o contiene il messaggio globale dell'opera.

Se utilizzato in modo efficace, questo tipo di dissolvenza è in grado di provocare nello spettatore una vasta gamma di reazioni emotive o riflessioni, come succede nel film Under The Skin di Jonathan Glazer, in cui la protagonista Scarlett Johansson è ritratta in una sovrapposizione prolungata di due fotogrammi.

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