Ritratto di Marco Rovaris
Autore Marco Rovaris :: 29 Settembre 2014

Con il supporto dell'Accademia del Silenzio, i cui esponenti commenteranno ogni pellicola, in arrivo la rassegna che propone cinema che predilige l'assenza (o quasi) di dialogo come strumento di narrazione. La "Giovanna d'Arco" di Dreyer tra i film

Cheatin'

Dal 10 al 16 ottobre 2014, presso il MIC - Museo Interattivo del Cinema, si terrà Cinema del Silenzio, una rassegna di film nell’ambito del Festival del Silenzio, manifestazione organizzata dall’Accademia del Silenzio. Presentazione a cura di Fondazione Cineteca Italiana e in collaborazione con Università degli Studi di Milano Bicocca.

La rassegna prevede la proiezione di sei film che raccontano storie non attraverso i dialoghi, ma quasi solo esclusivamente attraverso le immagini e il loro potenziale comunicativo. Un modo di fare cinema sperimentale che nel corso degli anni ha prediletto il silenzio e la lentezza per indagare il mondo in modo più profondo. Ogni proiezione sarà seguita da un commento e un approfondimento tematico a cura dei fondatori dell’Accademia del Silenzio e di Emanuela Mancino, professoressa di Filosofia dell'educazione presso Università Degli Studi di Milano Bicocca e responsabile scientifico-organizzativa di Accademia del Silenzio.

Ad aprire la rassegna il capolavoro di animazione Cheatin’, firmato dal grande regista americano Bill Plympton, uno dei maggiori autori internazionali di animazione. Cheatin’ è un’opera di eccezionale sapienza plastica e qualità pittorica, ricca di fascino e capace di evocare la miglior tradizione italiana nel campo dell’illustrazione, da Mattotti a Toccafondo e Scarabottolo. In Cheatin’ Plympton è riuscito a trasfigurare la classica vicenda amorosa che il film racconta in una continua e originale invenzione visiva ed emotiva, vincendo la scommessa di costruire un lungometraggio senza parole, perché delle parole non ha alcun bisogno.

In programma anche un classico del cinema muto espressionista, Giovanna D’Arco del grande regista danese Carl Theodor Dreyer, un autore che non si finisce mai di riscoprire, sia per l’importanza dei temi trattati – la religiosità e la spiritualità come luoghi privilegiati di una continua ricerca della verità -, sia per il rigore della messa scena, la pittoricità delle immagini, l’eccezionale modernità di storie e personaggi che superano qualunque connotazione temporale nel loro saper rilanciare le eterne domande dell’esistenza umana.

Completano il calendario i film Oltre il guado del regista friulano Lorenzo Bianchini, piccolo capolavoro horror quasi privo di dialoghi ma carico di grande tensione emotiva; Journey to the West di Tsai Ming Lang, dove la macchina da presa segue in silenzio il vagabondare di un monaco buddista per la città; Fiori dal monte degli Ulivi, ambientato in un convento russo ortodosso a Gerusalemme, il ritratto intenso e commovente di una monaca che ha deciso di votarsi al silenzio e alla vita spirituale; Il cavallo di Torino diretto da Bèla Tarr, Orso d'argento al Festival di Berlino 2011, riesce a far perdere lo sguardo dello spettatore nella lentezza quasi ipnotica di un fluire del tempo dettato dall'occhio di un maestro dello stile di un rigore assoluto.

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