Ritratto di Roberto Donati
Autore Roberto Donati :: 20 Dicembre 2015

Come raccontare per immagini il tradizionale e internazionale Palio di Siena? La regista italo-inglese Cosima Spender ci è riuscita con l'avvincente "Palio", il suo nuovo lavoro presentato con successo al Sundance Film Festival

Cosima Spender

Nel “tuo” Palio, Cosima, emerge un lato oscuro e vagamente millenarista di Siena e della sua più celebre e spettacolare tradizione: intrighi, complotti, rivalità, nepotismi e corruzione di ogni sorta. Sono tue “aggiunte” cinematografiche o a Siena si respira davvero un'atmosfera del genere e, se sì, a quale livello di profondità? Bisogna insomma scavare molto, come sicuramente hai fatto tu, o è un'aria più alla luce del sole?
Mentre preparavo il film sono entrata in stretto contatto con Bastiano, fantino in pensione e grande narratore; è stato fondamentale per permettere che riuscissi a entrare all'interno del mondo sotterraneo del Palio, nei suoi meandri, nei suoi segreti. Mentre i fantini in attività sono tenuti sotto controllo e in ogni caso sono molto riservati circa i meccanismi interni del Palio, circa le sue e loro macchinazioni, semplicemente trascorrendo molto tempo con Bastiano e con il suo amico, Sergio Profeti, ho potuto conoscere e “catturare” molto di questa realtà. Non credo, tuttavia, e non era mia intenzione farlo, che il film riveli alcun segreto particolare in proposito, in fondo a Siena tutti sanno tutto ciò che c'è da sapere, e da “non sapere”, sul Palio.

[Leggi anche: Recensione di "Palio" di Cosima Spender]

Un'abitudine comune ai senesi è quella di trascorrere un sacco di tempo parlando del Palio e cercando di capire se c'è stata una combutta (e quasi sempre c'è), chi l'ha organizzata e ai danni di chi. Non dimentichiamoci che i senesi affermano spesso che il loro “giochino” è lo sport più onesto al mondo, proprio perché i trucchi sono fatti alla luce del sole, di fronte a tutti. Credo sia questo il punto cruciale da capire. Sono i non senesi a credere che tutto sia fatto in maniera nascosta, sotterranea, “under the table”; invece è proprio l'esatto contrario. Attraverso il montaggio, la fotografia e la scelta dei personaggi, quello che ci siamo fin da subito preposti è di catapultare lo spettatore, gli spettatori, nell'atmosfera di quel mondo, così da farlo conoscere e vedere dall'interno.

Lo stile di regia con cui hai girato il film sembra quello di un film d'azione, dinamico e adrenalinico. Ci sono campi lunghi, come nei western classici, ma anche riprese mozzafiato dall'alto, piani sequenza, primi o primissimi piani sui personaggi, dettagli... A tratti sembra un film pensato da Sergio Leone [ndr. lo dico avendo scritto un paio di saggi e numerosi altri interventi sul regista romano] e diretto da Kathryn Bigelow. Qual è stata, a monte, la ragione di tale scelta e come poi, operativamente, sei riuscita a portarla a termine? Le difficoltà infatti, dovendo girare dal vero, immagino saranno state notevoli...
Tutto il progetto è stato una enorme sfida, non solo a causa dell'aspetto di comunità chiusa e ostile che Siena e i senesi rappresentano, ma anche perché il Palio è un evento coreografico enorme, di grande portata spettacolare e difficile da filmare. Durante le riprese, quattro giorni prima della corsa vera e propria, noi abbiamo effettivamente “perso” i nostri personaggi principali, dato che è costume e tradizione che vivano dentro le contrade per cui andranno a gareggiare. Questo è stato un momento di tensione incredibile, estremo. I produttori sono andati nel panico; in effetti, la nostra troupe, per quanto ridotta, non aveva accesso in ogni singola contrada (cosa davvero impossibile da fare, anche in un senso politico); il montatore mi confidò che ancora non avevamo nessuna storia da raccontare...

Per fortuna, insieme al direttore della fotografia, ci siamo detti che avremmo dovuto focalizzarci sull'aspetto pubblico dei fantini, così raccogliemmo un bel po' di inquadrature, tutte le possibili, dei fantini a passeggio per Siena o in posti pubblici più aperti e accessibili. Poi, al montaggio, abbiamo fatto un largo uso della voice over per rendere i fantini sempre presenti, così da non dare l'impressione di averli via via smarriti per strada, cosa che in ogni caso, a quel punto, nemmeno noi sentivamo più durante le riprese. Sul set ci eravamo dati regole semplici ma efficaci di ripresa: tanto le inquadrature ampie, i campi lunghi, quanto i primi piani più estremi avevano, come riferimento diretto, lo stile di Sergio Leone.

Proprio perché fin da subito avevo deciso di focalizzarci sui fantini, io sapevo esattamente quello che volevo, e questa è stata la chiave di volta della realizzazione. Il minimo dubbio avrebbe causato un esito diverso, se non forse catastrofico. Se invece fin dall'inizio sai quali sono i temi che vuoi affrontare ed esplorare, poi di conseguenza sai anche che tipo di inquadratura vorrai. Poi è al montaggio che “scrivi” veramente il tuo film. Il nostro montatore, Valerio Bonelli, viene dal cinema di finzione (è stato il montatore degli ultimi tre film di Stephen Frears: Philomena, The Program, Florence Foster Jenkins) e ha lavorato, fra gli altri, al Gladiatore e a Black Hawk Down per Ridley Scott e a tanti altri film d'azione. Ecco, Valerio ha portato anche qui il suo elemento di “azione”, un valore aggiunto.

Il Palio è naturalmente molto eccitante, come torneo, ma ciò che è veramente spettacolare quando vai a filmarlo con una camera Alexa dalla focale lunga è il poter catturare le espressioni del volto dei fantini nel momento in cui la corsa parte (in gergo tecnico, questo momento si chiama la “mossa”): sembra uno dei duelli di Sergio Leone! Siamo riusciti a piazzare numerose macchine da presa tutto intorno a Piazza del Campo, in alcuni punti strategici, e durante il montaggio le varie inquadrature le abbiamo intervallate come facessero parte di un film d'azione. Il Consorzio per la Tutela del Palio di Siena, a cui va il mio più sincero ringraziamento per l'aiuto insperato, ci ha inoltre fornito tutto il materiale da loro filmato e questo, unito alle nostre riprese, ha aumentato ulteriormente i punti di vista e di osservazione sulla corsa. Devo quindi ringraziare anche la produzione che ci ha supportato in tutto, permettendoci di acquisire tutte le riprese in più di cui abbiamo avuto bisogno per trasformare il Palio in una esperienza cinematografica epica e, si spera, mai vista prima.

A margine, quanto ti ha ispirato e aiutato, in questa direzione di costruzione di un immaginario di stampo “rinascimentale”, il tuo essere un melting pot familiar-culturale: padre inglese, madre americana, allevata nella profonda Toscana, realizzata a Londra?
Sono cresciuta in una famiglia di artisti. Per tutta l'infanzia sono stata “trascinata” dentro chiese e musei e mia madre è sempre stata ossessionata dalla “composizione”, dei quadri e quindi delle inquadrature direi; insomma, non è stato certo un caso che abbia scelto un mezzo visivo per la mia professione. Nonostante tutto questo, è stato solo studiando antropologia e storia dell'arte che mi sono convinta a iscrivermi alla National Film and Television School di Londra per diplomarmi come regista. È il lato umano, e artistico insieme, che mi interessa sempre di più.

In questo progetto, per esempio, è la relazione sviluppata con i personaggi il lato di cui sono più orgogliosa; senza quella, sarebbe venuto fuori un altro film, completamente differente, magari sempre esteticamente rilevante ma più, come dire, “vuoto”, con minor anima. Così, invece, sono riuscita anche a parlare del mio amore per la terra in cui sono nata e cresciuta, per la lingua che ho ascoltato e parlato fin da bambina. Infine, non voglio dimenticare che girare un film è un processo assolutamente di collaborazione, di squadra: beh, col direttore della fotografia, con tutto il dipartimento del sonoro, col montatore e col musicista... abbiamo costruito un autentico “dream team”.

Lavorando a stretto contatto con Siena, i suoi abitanti e i “contradaioli”, avrai tu stessa stretto rapporti di amicizia, di lavoro, di sangue. Che realtà hai conosciuto? Come sei riuscita a trasformarla in materia narrativa? Hai avuto, e di che tipo, difficoltà, momenti di sconforto, ostacoli o impedimenti?
Mi sono fatta tanti amici e, ne sono certa!, anche tanti nemici. I senesi hanno spesso pensato che siamo stati invasivi, per colpa della nostra grande troupe e per le “giraffe” sempre in azione a catturare il suono del Palio. Rispetto ai contradaioli, i fantini sono stati invece più aperti, tolleranti e disponibili nei nostri confronti. Personalmente, ho conosciuto e sperimentato un bel po' di sfiducia e di ostilità da parte della città.

Per fortuna, il Consorzio ci ha dato una mano enorme, aiutandoci in tutto e per tutto: grazie soprattutto a Francesco Boschi, che ha avuto l'apertura mentale necessaria perché tutto potesse andare sempre avanti, nonostante le difficoltà e le “intemperie”. Se caparbiamente lo abbiamo fatto, se abbiamo resistito, però, in fondo, è stato per il Palio stesso, più importante di ogni disavventura e di ogni difficoltà della troupe. Se la meritava, la nostra tenacia! In ogni caso, preferisco non approfondire ed entrare nei dettagli dei momenti difficili, dal momento che questi sono stati ampiamente superati dall'euforia dei giorni delle riprese. Per istinto, o per pura fortuna, ho scelto di seguire i reali veri protagonisti dell'estate del 2013, dei due Palii corsi in quell'anno. Arrivare alla fine è stato un autentico sogno: il sogno di una “documentarista di finzione”.

Come presenteresti, obiettivamente, la realtà di Siena legata al Palio, dunque ai suoi riti e costumi, alla sua vita quotidiana slegata dal momento culmine della corsa, a un pubblico straniero? Quello del Palio è secondo te un fenomeno tipico ed eccezionale insieme di “campanilismo italiano” o a Siena c'è qualcosa in più o di diverso?
Il Palio è una reliquia di un mondo molto antico. Personalmente, lo vedo come un rituale meraviglioso che connette ogni giorno della Siena moderna con i tempi andati degli avi. Se da una parte è un evento unico e fenomenale, dall'altra è anche la manifestazione di un “collettivo” sopra l'“individuale” - e in fondo questa è una caratteristica così peculiarmente italiana...

Anni fa mi è capitato di scrivere la sceneggiatura di un fumetto stile-Dylan Dog ambientato a Siena durante un immaginario Palio “infernale”. Nel documentarmi, mi è capitato di chiedere, ascoltare, porre domande probabilmente scomode visti i risultati, che sono stati perlopiù di diffidenza se non di vera e propria ostilità. Come se del Palio non si potesse o dovesse raccontare, come fosse un mistero da proteggere e preservare per i posteri. Tu hai avuto qualche esperienza, in generale o più concreta, di questo mood?
Assolutamente sì, certo! Tuttavia, come ho già detto, io ho scelto di seguire i fantini che, come me, sono o possono essere tanto “interni” quanto “esterni” alla vita di Siena. Sospetto realmente di essere la prima persona a essere stata veramente interessata ad ascoltare entrambi i lati della storia. Come gli artisti in società, loro sono per davvero un po' dei “jolly” viventi: questo me li ha resi così vicini e intimi. Mi sono connessa con loro, con la loro vita. La maggior parte dei senesi, purtroppo, è reticente, se non ostile a parlarne; per fortuna ho incontrato Capitan Romei, un buon amico di Bastiano, e lui è stato aperto, franco, schietto. Ci ha rivelato molto di quel mondo, del suo mondo. Credo sia tutta una questione di chiedere alle persone giuste, un mix di talento, determinazione e fortuna.

Quando e come hai capito che Giovanni e Gigi, da “semplici” persone, fantini veri nella vita di tutti i giorni, avrebbero potuto diventare, ed “essere”, personaggi a tutto tondo? Da parte loro, che reazioni hai avuto: si sono inizialmente ribellati, si sono invece prestati al “gioco”, o altro ancora?
Mi era stato concesso di intervistare Gigi solo per un'ora e mezza, nonché di filmarlo, stavolta senza intervistarlo, per quattro volte. Avevo invece avvicinato Giovanni durante le mie ricerche, più o meno l'anno precedente (2012). Avevo deciso di iniziare con lui perché più timido e riservato, benché sempre molto educato. Una volta che la stagione del Palio era finita, l'ho incontrato in Sardegna dove vive con la sua famiglia.

Ecco, lui è un “outsider” anche in senso regionale. Poi ci siamo rivisti tre volte a Siena, per ultimare le interviste e completare il suo personaggio. Nel frattempo, da piccolo apprendista timido, Giovanni era diventato il “re della piazza”, e questo cambio radicale è stato importante da sviluppare. Anche la sua personalità era cambiata nel frattempo: adesso, nelle interviste, appariva più sicuro di sé e più disposto a parlare delle dinamiche del Palio. Avrei voluto vedere il Giovanni di un anno prima alle prese con questo Giovanni: chissà cosa ne avrebbe pensato! Adesso era già un grande vincente, tra l'altro molto acclamato dalla folla, e non più un outsider. Si mostrava calmo e rilassato. Tutto questo, la vita vera che entra prepotentemente nella finzione e la stravolge, è stato emozionante da raccontare e da filmare.

Ho letto che il film è piaciuto molto un po' ovunque, ma ha anche fatto molto discutere, probabilmente perché la realtà di Siena rappresentata non è propriamente “commerciale” o “turistica”, nonostante l'afflato epico che sei riuscita a creare possano far pensare il contrario. Puoi spingerti a raccontare qualcosa di più preciso, qualche aneddoto, qualche esperienza di critica forte, qualche effetto collaterale che non ti aspettavi?
Sono stata molto sorpresa di leggere certi giudizi drastici sul mio lavoro da parte di certi giornali italiani che nemmeno avevano visto il film. Il mio lavoro non ha la presunzione di voler essere “un compendio completo ed esaustivo del Palio”, e non è nemmeno un'opera a tesi; racconta, semplicemente, una storia. Come ogni storia, ha dei protagonisti, ha un coro, ha una struttura epica. È un punto di vista, ecco sì, sul Palio; e dal mio punto di vista privilegiato, come regista insomma, posso affermare con certezza di amare il Palio, Siena e la campagna attorno a Siena dove sono nata e cresciuta.

Amo molto i personaggi di questo film, li amo per davvero. Detto questo, tuttavia, sono certa di poter dire che non abbiamo voluto fare un film di propaganda o di promozione: né Siena né il Palio, del resto, ne avrebbero bisogno. Abbiamo semplicemente cercato di raccontare una grande storia, ambientata in una estate ben precisa, e abbiamo cercato di farlo al nostro meglio. Se la gente gradirà, io ne sarò felice; altrimenti, non c'è nient'altro che io possa fare, non voglio convincere nessuno o altro. Ognuno è libero di avere la propria opinione.

Il Palio è una manifestazione spesso osteggiata dai gruppi animalisti, visto l'impiego cruento e spesso fatale di splendidi esemplari di cavalli. Tu che lo hai visto, studiato e vissuto dal suo interno, cosa ne pensi? Sei per mantenere la tradizione o per modificarla in un senso più, come va di moda dire oggi, “sostenibile”?
Penso che Siena sia uno degli ultimi posti in cui il cavallo è una parte realmente intrinseca del tutto della società. Proprio per questo, il Palio dovrebbe essere preservato e protetto, altro che accusato o condannato. Gli animalisti, prima di attaccare il Palio, dovrebbero fermarsi un attimo, riflettere e piuttosto tentare di bloccare la facile compravendita dei polli d'allevamento o della carne degli “animali da recinto” nei supermercati.

Al di là della scelta delle inquadrature e della fotografia, che fanno pensare a blockbuster d'azione e di impegno ad alto budget, anche il montaggio e la colonna sonora contribuiscono a creare un'opera che vive di suggestioni reali, più che di eventi e fatti, e le rielabora o trasforma in epica. Come hai lavorato con la tua squadra di collaboratori? Quali sono state le scelte più individuali, tue, o quelle più collettive, di team? Pensi o pensate, alla luce dei fatti, di aver centrato l'obiettivo?
Sono stata sicuramente fortunata a essere in grado di lavorare con persone che ammiro, verso cui nutro fiducia e rispetto, con cui posso comunicare seriamente o divertirmi allo stesso tempo. Se ci sono questi ingredienti di base, e/o se la produzione può permetterseli e portarteli al tuo cospetto, la riuscita del prodotto poi non è difficile da ottenere.

Dopo questa esperienza, immagino faticosa sotto tutti i punti di vista, a cosa ti stai già dedicando adesso o ti dedicherai prossimamente?
Fra le mani ho molti progetti diversi per natura ed eterogenei, alcuni vedranno la luce e altri no. Al momento sto lavorando sul “come” raccontare queste altre storie, e il come spesso è la chiave per partire col piede giusto; quindi sono molto concentrata e determinata. Amo molto il mio lavoro anche per queste difficoltà e per questi stimoli iniziali, ne esco sempre arricchita, quale che sia l'esperienza futura o il risultato, e questo è sempre un bene e sempre una grande fortuna, almeno per me.

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