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Autore Camilla Maccaferri :: 3 Dicembre 2014
Locandina di La metamorfosi del male

Recensione di La metamorfosi del male di William Brent Bell. Abissi di noia e il dilagare del nulla, più feroce di qualunque mostro mai immaginato

La proliferazione compulsiva del filone horror è croce e delizia dei fan del genere: a ogni uscita nuova (circa un paio al mese) si precipitano in sala con la speranza di vedere un buon prodotto, o quantomeno qualcosa che riesca effettivamente a spaventare, che trasmetta quel brivido adrenalinico e vitale. E ogni volta, a meno che non si tratti di un film di Rob Zombie o qualche altro sporadico miracolato, è una cocente delusione.

Di horror sciatti e anonimi, insomma, se ne vedono parecchi, ma raramente negli ultimi tempi si sono raggiunti abissi di bruttezza e inutilità come con questo La metamorfosi del male. Firmato da una mano non troppo promettente (William Brent Bell che già aveva diretto il deludente L’altra faccia del diavolo), va oltre le più basse aspettative, riuscendo quasi magicamente a centrare tutti i peggiori difetti del genere, a partire dalla sceneggiatura, sciocca e scontata. Il “mistero” che dovrebbe avvolgere la trama viene svelato per i più esperti dopo pochi minuti, ma anche per chi non mastica il linguaggio dell’orrore non occorre attendere molto per capire dove si andrà a parare.

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In Francia, una famiglia viene sterminata brutalmente, i corpi mutilati: viene accusato Talan (Brian Scott O'Connor), un gigantesco individuo debole e malato, ma l’avvocatessa americana Kate (A.J. Cook) non è convinta e decide di prenderne le difese mentre indaga sul caso con l’aiuto di un ex fidanzato e di un collaboratore.

Una noia infinita sovrasta l’opera, che, pur durando solo una novantina di minuti, riesce a stremare lo spettatore grazie al maldestro e precoce svelamento dell’inganno e a inferirgli un colpo letale con un’accozzaglia di effettacci speciali di infimo livello, che spesso sfiorano il ridicolo involontario.

Non mancano poi le scopiazzature più bieche: dalla figura di Talan, che fa un ingresso in scena identico al Mike Myers di Rob Zombie, al campionario più scontato e già visto immaginabile sul tema della licantropia.

I tentativi del regista di aggiungere un tocco autoriale, attraverso sporadiche riprese amatoriali e cambi di prospettiva, non hanno un minimo di coerenza e sembrano gettati a caso qua e là per conferire un po’ di sostanza al nulla che dilaga di minuto in minuto.

Incomprensibili ammiccamenti polemici all’uso delle fonti energetiche nucleari in Francia si affastellano a elementi di contrasto tra culture (i conservatori francesi e gli illuminati americani e inglesi) che non hanno alcuna ragione di esistere, mentre lo splatter più gratuito (e mal realizzato) tenta di fare da collante in mancanza d’altro.

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Un prodotto davvero pietoso, che fa rimpiangere in ogni inquadratura le vette toccate da veri cultori della materia come Joe Dante (L’ululato) e John Landis (Un lupo mannaro americano a Londra). 

Trailer di La metamorfosi del male

Voto della redazione: 

1

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