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Autore Fiaba Di Martino :: 26 Marzo 2015
Locandina di Lettere di uno sconosciuto

Recensione di Lettere di uno sconosciuto di Zhang Yimou: Sulla carta era un capolavorico melò, ma dopo un ottimo inizio il film del grande regista cinese s'affloscia sottotono. Magnifica, però, la sua musa Gong Li

Un inverno fumoso e plumbeo che sembra non aver mai fine, una guerra all'orizzonte che rapisce gli affetti e li seppellisce nell'oblio, una politica che s'infiltra nella sfera privata e diventa distorsore accecante, punto di non ritorno. Che fine fa allora un amore limpido, puro, resistente al tempo e all'attesa, alla memoria e alle speranze via via più flebili? Succede che questo amore permane, sì, ma viene ferito, danneggiato, traumatizzato, e per sopravvivere deve fermarsi in un limbo, nutrirsi di ricordi che scolorano la realtà, solidificarsi a tal punto da diventare irrealizzabile proprio quando potrebbe finalmente essere possibile.

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È la storia di Feng (Gong Li), moglie innamorata di Lu (Chen Daoming), il quale, durante la Rivoluzione Culturale, a causa del suo essere nemico del partito, viene arrestato come prigioniero politico, strappatole dinanzi agli occhi lasciandola sola con la figlia, fortemente attaccata ai dettami dell’ideologia. Dieci anni dopo, quando finalmente Lu fa ritorno, la donna non lo riconosce: lo aspetta, sotto la neve, continua ad aspettarlo, ma la sua mente è cristallizzata nel tempo come il suo cuore, ama il ricordo e non può amare l'uomo. Intrappolata nel passato per non impazzire, non si rende conto che è già un fantasma lei stessa, prima che il marito. Egli, resosi conto della situazione, prima tenta il tutto per tutto per convincerla, poi si finge un amico in modo da avvicinarsi a lei, di stabilire un contatto anche minimo.
Pur non raggiungendo il devastante livello di densità emotiva e di messinscena folgorante di capolavori come Vivere e Lanterne rosse (sempre con la Li, e altrettanto politici ma molto più stratificati ed epidermici), a tratti il grande regista cinese riesce a farci respirare prepotentemente le conseguenze (private, affettive) dell'oppressione. Ma non basta.

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Sulla carta, infatti, la sua pellicola poteva essere un melò capolavorico e straziante: ma Yimou sceglie di attenersi al mood del periodo, all'immobilità di Feng piuttosto che alla reattività disperata e passionale di Lu, realizzando un'opera che è inizialmente corposa e tremolante di tensione, ma che via via si affloscia, sempre più spenta, dilatata, sottotono. Peccato, perché Gong Li offre qui una delle sue prove migliori: la musa dell'autore è l’unico elemento davvero vibrante di Lettere di uno sconosciuto.

Voto della redazione: 

3

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