Recensione di Turner di Mike Leigh: Biopic asciutto e pittorico sulla vita dell'artista inglese; fremente di vita e rigore è illuminato dalla grande interpretazione, tra burbera ironia e rabbioso genio, di Timothy Spall, miglior attore a Cannes 2014
Si presta così facilmente a un amore incondizionato il cinema di Mike Leigh, di lucidità tragica e umoristica, un po’ folle e amareggiata ma mai rassegnata, con i suoi scombiccherati personaggi in ricerca, nella disperazione, di amore, contaminati dalla luce. Dal deragliato e sperduto Johnny (Naked – Nudo) alla maestra Poppy (La felicità porta fortuna), che “nutre il pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà”, nuotando sorridente contro la disperazione, al dolorosissimo sfiorire e lottare per vivere di Mary, l’indimenticabile Leslie Mann di Another Year. Tutti personaggi che si dibattono nel fango per la purezza, uniti da un filo sottile che, a conti fatti, non poteva non portare Leigh alla figura di William Turner, il “poeta della luce” appunto, iniziatore dell’impressionismo, artista benefico e apprezzato (ma mediamente incompreso) e uomo scostante e sgradevole.
Una dualità intrigante e perfettamente incisa nella poetica di Leigh, e in questo senso è scelta perfetta anche quella dell’interprete chiamato a incarnarlo, quel Timothy Spall (giustamente Miglior attore a Cannes 2014, ingiustamente escluso dagli Oscar 2015) a cui puntualmente sono cuciti addosso ruoli da repellente villain o antipatico comprimario (dal Codaliscia di Harry Potter al tirapiedi di Sweeney Todd), con il suo profilo arcigno e stropicciato, a cui soggiace però un talento luminoso e vitale che sboccia e si divincola da quel fisico limitante. Come Turner, uomo aggressivo, animalesco e rancoroso, che riesce nella pittura a cogliere l’attimo di grazia della natura, lo spettacolo spaventosamente bello della furia paesaggistica come il tumulto interiore estroflesso nelle selvagge tempeste scatenate dalla furia degli elementi (si pensi all’incredibile L'Incendie de la Chambre des Lords et des Communes).
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Un gargoyle (come egli stesso si definisce) ringhioso, che passa dal cantare una canzone d’amore perduto a sbottare burbero contro la moglie, dall’ironia brusca che rivolge indifferenziatamente a dottori, mercanti e colleghi (si tiene lontano da baruffe e chiacchiericci accademici), all’atteggiamento affettuoso col padre e l’innamoramento nei confronti dell’affittuaria Mrs. Booth. Dal canto suo, l’autore inglese fa aderire la sua visione agli occhi del personaggio, con inquadrature di composizione pittorica - magnifico il passaggio dalla tela alle rocce sul mare mentre Turner dipinge rabbiosamente e separatamente; un’arte, la sua, che è soprattutto lavoro manuale, terragno, brusco.
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Oscuro, doloroso, incompreso nelle sue profondità e aneliti, uno Scrooge la cui anima infuoca la tela, è il Turner di Mike Leigh (nominato a 4 Academy Awards, purtroppo soltanto tecnici): rigoroso nella rappresentazione, posato nella passione, umanissimo nella vicinanza.
Voto della redazione:
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