Ritratto di Pierre Hombrebueno
Autore Pierre Hombrebueno :: 26 Febbraio 2015

Guidata da Alejandro González Iñárritu ed Emmanuel Lubezki, la Technicolor ha spiegato il complicatissimo processo di colorazione digitale che ha dovuto affrontare lavorando su "Birdman", un'opera apparentemente priva di stacchi di montaggio

Birdman

E mentre si stanno ancora spegnendo polemiche ed eventuali delusioni sull'ultima edizione degli Oscar, a continuare imperterrito verso il suo successo planetario è Birdman di Alejandro González Iñárritu. Non è un caso che oltre ad aver vinto Miglior Film, Regia e Sceneggiatura, un premio sia poi andato anche al direttore della fotografia Emmanuel Lubezki, diventato, in questi anni, una delle risorse tecniche più richieste di Hollywood. Volete girare un film registicamente virtuoso? Chiamate Lubezki. L'ha fatto Terrence Malick per Tree of Life, Alfonso Cuarón per il suo viaggio spaziale di Gravity, e Iñárritu sapeva bene quanto lui, Chivo (questo il soprannome con cui è conosciuto nell'ambiente), fosse la persona più idonea per trasporre perfettamente l'idea di girare una pellicola dando l'illusione che si tratti di un unico pianosequenza.

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Così, Lubezki ha coinvolto nel progetto i suoi collaboratori abituali della Technicolor, a cui è toccato lavorare sulla post-produzione dell'opera, e in particolare sulla colorazione digitale su cui sono faticosamente sprofondati, tra gli altri, Steve Scott, Charles Bunnag, Bob Schneider e Juan Flores. Un'operazione tutt'altro che facile, tanto che Scott ha rivelato che si è trattato della prova più difficile che abbia mai dovuto affrontare: Iñárritu non avrebbe ammesso errori, e l'attenzione verso il processo di coloring doveva essere svolto meticolosamente.

Per questo, la Technicolor è stata costretta ad escogitare un metodo mai usato prima per applicare gli strati di colore sul final cut, in quanto la complessità nasce dal fatto che il film, ormai lo sappiamo, è privo di evidenti tagli di montaggio. Insomma, se precedentemente la crew tecnica ha lavorato sulla cromatica dividendo scena per scena e donando ad ognuna l'atmosfera più adatta, per Birdman la normale divisione non poteva funzionare proprio perché è come se il film, nella sua interezza, fosse una scena unica.

Così, l'intera crew si è scervellata, compiendo il complicatissimo lavoro di stendere i colori facendo in modo che si dissolvessero pian piano cambiando impercettibilmente tonalità da un fotogramma all'altro: nessun cambio repentino di fotografia nel passaggio fra le scene come sarebbe successo per un'opera più tradizionale, bensì delle pennellate in perenne morfòsi, tenue e celata. Potremmo forse chiamarlo "un processo cromatico in pianosequenza", in cui anche i colori dovevano dare l'assoluta illusione di continuità, stando al passo della vorticosa macchina da presa di Iñárritu.

[Leggi anche: Come illuminare un piano-sequenza e long takes con movimenti di macchina]

Un assoluto delirio di lavoro, e che proprio per questo, ha avuto i riconoscimenti che si merita. Ricordiamo, tra l'altro, che Birdman è ancora attualmente nelle sale italiane: se non l'avete visto, correte alla velocità della luce verso il cinema più vicino, aprite bene i vostri occhi, e godete con noi. 

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