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Autore Erika Favaro :: 25 Aprile 2016

Il digitale ha preso il sopravvento, ma ci sono ancora grandi cineasti che non rinunciano alla pellicola

Steven Spielberg

Pellicola VS digitale è il più grande duello che si svolge nel mondo del cinema da almeno quindici anni a questa parte. Vi partecipano tutti, registi, direttori della fotografia, produttori e cinefili. Le prime grandi produzioni girate interamente in digitale risalgono al 2002 e nel 2016 quasi tutti i cinema del mondo sono dotati di proiettore digitale. Questo però non vuol dire che tutti i cineasti abbiano abbandonato l’analogico, ecco chi non vuole rinunciare al fascino della pellicola:

Quentin Tarantino
Probabilmente il più grande sostenitore della pellicola, Tarantino ha girato tutti i suoi film affidandosi alla “vecchia maniera”. Per il suo ultimo lavoro, The Hateful Eight, ha addirittura usato il formato 70 mm, andando a ripescare un metodo di ripresa che non si usava dagli anni sessanta e che fornisce una maggiore larghezza dell’immagine. Non è certo uno di quelli che sostiene le mezze misure visto che considera il digitale come “la morte del cinema”.

Christopher Nolan
Nolan è uno di quei registi – insieme a Scorsese, Tarantino e J.J. Abrams – che nel 2014 contribuirono a sostenere la Kodak quando l’azienda rischiava la bancarotta. Il regista ha stretto un lungo sodalizio con il direttore della fotografia Wally Pfister con cui condivideva la passione per la pellicola. L’accordo è rimasto intatto anche con Hoyte van Hoytema il quale si è occupato della fotografia di Interstellar, film di fantascienza girato in 35 mm con alcune scene in 70 mm.

Steven Spielberg
Nonostante sia molto interessato alle nuove tecnologie, anche Spielberg ha scelto di rimanere fedele all’arte analogica. Durante la promozione del suo ultimo lavoro, Il ponte delle spie, il regista ha sottolineato spesso come per lui la pellicola sia ancora parte integrante della magia del cinema. La resa dell’immagine in digitale per lui è troppo pulita, perde quella grana che solo la pellicola sa dare.

Paul Thomas Anderson
È diventato uno dei registi più stimati degli ultimi vent’anni, con i suoi piani sequenza corali che richiamano il cinema di Altman e le storie intrecciate, Anderson ha dimostrato di essere un cineasta molto attento anche alla tecnica.
The Master - il film che richiama la storia del fondatore di Scientology con Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix – è girato in 65 mm, un formato inusuale che permette di insistere sui dettagli delle immagini che diventano ipnotiche.

[Leggi anche: Da pellicola a digitale. Il problema della conservazione dei film]

Wes Anderson
Personaggi eccentrici, inquadrature simmetriche, coerenza cromatica, musiche anni sessanta: tutti questi elementi vanno a formare quella nostalgia vintage che caratterizza tutti i film del regista. In The Grand Budapest Hotel e in Moonrise Kingdom l’uso della pellicola è grandioso anche perché la scelta del formato è talmente importante da far parte della narrazione stessa. 

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