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Autore Rita Andreetti :: 24 Marzo 2016
Locandina Ip Man 3

Recensione di Ip Man 3: sulla frequenza e varietà di combattimenti ci siamo, ma il regista Wilson Yip si è dimenticato della sceneggiatura e Donnie Yen forse ha bisogno di una tregua

L’Ip Man 3 del 2015 è diventato un paladino di Hong Kong, che vola sulle coreografie curate da Yuen Woo Ping malgrado battaglie rallentate che premiano l’effetto speciale più che la veridicità dell’incontro. Pare che questo terzo episodio abbia un’aspirazione più internazionale: e ciò, suo malgrado, ha portato a drammatiche conseguenze, affossando la sceneggiatura e smagrendo lo spessore di uno degli eroi che da sempre ha meglio rappresentato la tradizione cinese delle arti marziali.

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Ecco quindi che il nuovo Ip Man riparte da dove l’episodio 2 si era interrotto nel 2010, con il Maestro Ip che riesce nel suo intento di aprire una scuola di kung fu a Hong Kong. La terza puntata inaugura con una nuova comparsata di Bruce Lee, ma aggiunge elementi di spettacolarizzazione e americanizzazione del prodotto. Riassumendo, c’è Mike Tyson nelle vesti di uno dei cattivi, ma si vede ben poco e non è per nulla convincente nel fare da contraltare all’arte del wing chun che ancora una volta resiste. Come nella tradizione dell’“arte” marziale vera e propria, non c’è una sconfitta, quanto piuttosto la dignificazione di ogni forma di combattimento, se portato avanti per giusta causa.

Il vero Maestro di velocità e spettacolarità è questa volta una figura ombrosa che cambia fazione facilmente, ma alla fine lotterà per gli stessi valori di Ip: interpretato da Zhang Jin, il personaggio di Cheung Tin-chi offre gli scontri più elastici e ruba talvolta la scena a Donnie Yen-Ip Man. Infatti, per quanto ancora i panni del maturo Maestro calzino a modo, Yen accusa evidentemente i cinque anni di differenza dall’ultima lotta; vengono in suo soccorso gli effetti speciali, ma i combattimenti alla fine risultano molto meno sporchi e sudati, perdendo quel fascino della realtà che era propria della storia vera di Ip. Chiaramente, non mancano i ring multipli, con orde di cattivoni armati di bastoni e coltellacci che cercano di avere la meglio nel tutti contro uno: l’incidenza degli stessi combattimenti, rimane alta.

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Sono addirittura tre i plot della storia, per mettere d’accordo tutto il pubblico: la moglie di Ip Man guadagna il suo spazio svelando un aspetto profondamente umano del combattente, il quale contemporaneamente si fa paladino di una scuola minacciata e, nuovamente, deve difendere la sua fama e il suo titolo di portatore del Verbo del wing chun. Ciò nonostante, il meglio il film lo offre dentro ad un ascensore, un momento essenziale dove la Thai Boxe si scontra col wing chun nel metro quadro claustrofobico in arrivo al piano terra; così come negli scontri dentro lo scheletro di una nave, che fanno quasi saltare sulla poltrona.

Per il resto, pure l'immagine si spinge troppo oltre, con una fotografia che sperimenta quasi un po’ di tinte Marvel: ma davvero con la Hong Kong del secolo scorso e la filosofia e la ricerca di arte perfetta del Maestro Ip, ha ben poco da spartire.

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Ip Man 3 - Teaser trailer

Voto della redazione: 

2

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