Recensione di Avengers: Age of Ultron | Un sequel-carovana onestamente illusorio e transitorio
Recensione di Avengers: Age of Ultron di Joss Whedon con Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Scarlett Johansson: il nuovo della Marvel gode di innegabile spettacolarità, ma stiamo assistendo ad un intermezzo in attesa che la saga continui
Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Scarlett Johansson, Chris Evans: la data cerchiata in rosso è giunta e Avengers: Age of Ultron di Joss Whedon deve fare i conti con la realtà e con la tracotanza della Disney, con il suo predecessore e, soprattutto, con la consapevolezza di essere un tassello di un progetto che rischia di finire fuori controllo.
Tre anni fa The Avengers raggiungeva gli schermi con l’impagabile vantaggio di non dover raccontare la genesi di alcun personaggio: con alle spalle circa dieci ore distribuite in cinque film, poteva far esplodere la vicenda – e con essa tutta l’azione possibile – da subito, ed era già un punto d’arrivo, un concentrato assoluto e coerente con quanto visto fino a quel momento nel Marvel Cinematic Universe.
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Il nuovo Joss Whedon è però un sequel-carovana: con tutti i vantaggi, i rischi, i doveri moltiplicati. Se il primo tirava le fila, adesso la matassa è molto più imponente e non può fare a meno di subire la tabella di marcia imposta dalla Disney/Marvel per i prossimi film. L’action invade da subito lo schermo e pare non arrestarsi mai, non un minuto divaga, non una battuta ferma il fluire della pellicola.
L’azione è ovviamente di gran livello, ma la sapienza visiva del regista mostra palesi limitazioni (autoimposte?), presentando nuove applicazioni di quanto già visto nel primo film senza reinverntarsi troppo. Avengers: Age of Ultron riempie gli occhi e bene, è spettacolare quanto e quasi come il primo (senza averne, ovviamente, l'effetto sorpresa), ma al contempo rende lampanti determinate mancanze, in primis l'assenza della voglia di svoltare.
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La storia dell’intera saga va avanti, ma la sensazione che tutto sia un riempitivo, un rinvio, un pezzo di qualcosa di più imponente confina il tutto: il non voler sporcarsi mai veramente le mani dei realizzatori adesso rischia di stancare per gli stessi motivi per cui aveva fino ad adesso “accontentato un po’ tutti”. Tra i vari privilegi del film, il prediletto sembra essere stato intenzionalmente quello del successo assicurato, in base al quale, invece che osare e sperimentare, ci danno in pasto al collaudato, mentre contempliamo l’orizzonte degli effetti speciali, del caos leggibile, dei colori bluastri, del montaggio, dell’inattaccabile voglia d’azione pulita, come avveniva quasi per intere stagioni di Dragonball Z senza che accadesse niente, e con la certezza che ne avremo ancora e per molto tempo. Se ogni Transformers metteva a prova lo spettatore, Avengers: Age of Ultron viaggia su un livello molto più "diet" e lo pone invece in attesa trasportandolo direttamente al countdown per il film successivo, come un impegno da viversi di sfuggita su un’agenda pluriennale dal futuro certo; ed in questo appare onestamente illusorio, conscio della sua natura transitoria (ma non di transizione) e funzionale alla moltitudine della saga.
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Dopo due dei migliori pezzi dell’MCU (Captain America: The Winter Soldier di Anthony e Joe Russo, che dirigeranno il prossimo doppio capitolo di The Avengers, e Guardiani della galassia di James Gunn: non a caso gli unici due a discostarsi dall'estetica generale della serie), nei giorni in cui si tessono le lodi del Daredevil di Netflix e con alle porte l’Ant-Man sottratto ad Edgar Wright, ciò appare ancora più disorientante ed insieme appagante: come dire «nei blockbuster nessuno ci può fare del male». Ancor più se i confini propri dei film sono sfilacciati in nome di qualche impero dell'intrattenimento e quasi ogni parte è un intermezzo, mentre all'appello sono già presenti altri UNDICI titoli.
Voto della redazione:
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