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Autore Andrea Caramanna :: 29 Dicembre 2021
E noi come stronzi rimanemmo a guardare di Pierfrancesco Diliberto

E noi come stronzi rimanemmo a guardare... la fine dell'umanità

Locandina di E noi come stronzi rimanemmo a guardare

E noi come stronzi rimanemmo a guardare... la fine dell'umanità. Questo potrebbe concludere la frase aperta dal titolo dell'ultimo film di PIF

E noi come stronzi rimanemmo a guardare... la fine dell'umanità. Questo potrebbe concludere la frase aperta dal titolo dell'ultimo film di PIF.

Verso la fine del film, arriva l'"attesa" pronuncia della frase succitata. Fondamentale, perché l'idea "giusta" è proprio quella di essere testimoni passivi del drammatico passaggio dell'umanità verso la cessione completa alla tecnologia di ogni aspetto del sé.

Per questo motivo il racconto di PIF riesce a mantenere da un lato l'entusiastica reazione di fronte all'ultima trovata tecnologica... l'ultima app, ma dall'altro lato la sua accettazione che apre il percorso di non ritorno.

Non casualmente il film si apre con Arturo (Fabio De Luigi) e la sua fidanzata Lisa (Valeria Solarino) che mettono alla prova di app il loro rapporto. La nuova app dovrebbe dargli una conferma sul livello di affinità, invece emette un responso contrario, sancendo l'impossibilità di continuare la loro relazione... Se una app può far questo in base a un presunto algoritmo (sempre più corretto e razionale di qualsiasi decisione solo umana... ) tutto il mondo deriva da un numero deciso dall'intelligenza artificiale, più potente e "sicura" della intelligenza umana.

Insomma, siamo già nel labiritnto oscuro tracciato da Günther Anders in "L'uomo è antiquato" e tutti i vari studi successivi che hanno parlato di "postumano". Ma a differenza degli anni passati, adesso è l'intelligenza artificiale che è avanzata fino al punto di ergersi ad esclusivo punto di riferimento per strutturare la società umana. PIF parte proprio da questo assunto, descrivendone gli effetti immediati in una azienda, laddove tutto è programmato a seconda di vari elementi che di fatto ordinano il personale, oltre al fatto di controllarlo in ogni minimo dettaglio, già all'ingresso nella neo fabbrica.

Proprio una delle scene iniziali, gli impiegati che in fila risalgono le scale, richiama la scena praticamente identica di Metropolis di Fritz Lang.

 

 

Chiaro che l'accusa di PIF non riguarda più i lavori umili, malpagati, o l'estrema marginalizzazione della forza lavoro non più giovane (con la scena dei motori di ricerca per cercare lavoro bloccati al limite dei 40 anni), il problema è che la "nuova vita" si basa esclusivamente sull'accettazione dell'algoritmo posseduto dall'intelligenza artificiale.

Non è possibile una alternativa, e chi è fuori si trova ai margini immediatamente, senza lavoro, senza alcuna possibilità di aiuto... D'altra parte PIF mostra invece l'altra faccia dell'umanità che ha accettato la dittatura dell'algoritmo. Una umanità che si gingilla tra consumi grotteschi tipo il gambero di Tonchino o la famigerata cotoletta di un animale esotico per il cane domestico... tra feste mascherate che inneggiano alle potenze del Male, tra simboli e saluti nazisti ad antipapi...

Alcune critiche hanno fatto riferimento soprattutto a Her di Spike Jonze, ma anche a film più lontani come Io e Caterina di Alberto Sordi, là dove si affronta il punto di una socialità con la macchina, ed in questo caso PIF parte dall'ologramma, ma si scopre che alla fine è un umano sfruttato in un'altra parte del pianeta. PIF aggiunge quindi qualcosa di nuovo, ovvero l'utilizzo di una tecnologia che sfrutta fino all'estremo ogni umano. I falsi ologrammi da una parte costringono umani a relazionarsi con ombre e dall'altra parte mantengono prigionieri subumani "al lavoro", che non hanno più alcun diritto, come afferma Stella (Ilenia Pastorelli).

Il mondo di PIF è lucidamente descritto in base a riferimenti che fanno parte della nostra realtà. Se non ce ne rendiamo presto conto, finiremo per ripetere la stessa frase del titolo del film... 

Il personaggio del guru di Fuubus che è l'equivalente di quello che abbiamo visto in Don't Look Up di Adam McKay, Peter, decide i destini dell'umanità dall'alto della sua "onniscienza". Anche in Don't Look Up, Peter rivelava di sapere tutto di noi perfino il tipo di morte. Nel film di McKay è proprio il finale in cui la Streep viene divorata da un piccolo dinosauro, l'algoritmo l'aveva già preannunciato...

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è il film italiano dell'anno e ringraziamo PIF, che qui mostra una grande visione che traduce perfettamente in immagini cinematografiche sensibili e significative, laddove affrontano in dettaglio proprio tutti quegli aspetti di una consapevole visione.

Purtroppo la critica come al solito dorme e non è stata neanche in grado di segnalare questo film per la sua importanza attuale.

Trailer di E noi come stronzi rimanemmo a guardare

Voto della redazione: 

5

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