Io vivo altrove! di Giuseppe Battiston, il film più programmatico dell'anno...
Io vivo altrove! di Giuseppe Battiston, il film più programmatico dell'anno...
Io vivo altrove! di Giuseppe Battiston, rischia di essere il film più programmatico dell'anno... appena iniziato!
Senza veli e senza tanti fraintendimenti Battiston, ma dobbiamo includere la produzione intera peraltro italiana e slovena, e non è casuale che Battiston sia anche produttore esecutivo...
Insomma, questo è un film che se ne frega FINALMENTE delle auree fetide della solita autorialità. Per fortuna Battiston non ci pensa nemmeno a girare scene madri!!! per carità! E va dritto al sodo con i suoi personaggi derivati da un romanzo sconosciuto di Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet, un'opera che è uscita perfino postuma, fu infatti l'ultima del famoso autore letterario. Un caso? Visto i contenuti decisamente controversi?
In effetti, su Bouvard e Pécuchet, giacché incompiuta, si è detto un po' di tutto, ma per Battiston è il trampolino di lancio per passare all'azione e sperare dunque di vedere l'obiettivo del titolo, vale a dire "io" scritto piccolo "vivo", scritto un po' più grande, "Altrove!", scritto ancora più grande e col punto esclamativo.
Però può anche essere che sia un punto di partenza e non di arrivo... Tutto quello che muove i due protagonisti deriva dal fatto che entrambi vivono già in un ALTROVE e dunque non possono continuare a vivere dove sono.
Le motivazioni dei due "fausti" sono soltanto in parte derivanti dal loro vissuto. Uno che ha subito un lutto, con la perdita della moglie e l'altro Fausto (Rolando Ravello) che invece vive ancora con la madre che lo tratta come un idiota...
Non sono questi vissuti a determinare il loro avvio su un percorso che li avvicina a quell'Altrove.
Ed oggi, più che mai questo Altrove si trova lontano dalla città con le sue insopportabili bruttezze... Il film, infatti, inizia con una lunga scena in cui i titoli di testa sono collocati all'estrema sinistra quasi discreti rispetto al flusso delle automobili con uno sfondo grigio di palazzi di una città qualunque, non importa se Roma o altro...
Il cammino verso la ripresa della terra è un altro tema importante. Battiston sottolinea come questo al giorno d'oggi sia diventato difficile, perché quel tipo di conoscenza, non solo è inutile, tanto per ricordare il mantra di Flaubert, ma è soprattutto dimenticata. Ed, infatti, il tentativo di fare la birra in casa, fallisce miseramente, causando a tutti gli invitati un irrefrenabile vomito.
Tutta la fatica intrapresa è un'opera necessaria, e i due neo amici finiscono per simboleggiare una parte di umanità che rifiuta i doni illusori del progresso. Anche la gita nella quale i due si incontrano è tutta un programma. Il maestro di fotografia sembra più un volpone interessato all'incasso dei partecipanti che vengono abbandonati... e poi scompaiono velocemente sul pulmann che li aveva portati nei luoghi della fotografia... Ma anche la fotografia sembra beffarda ed inutile quando Fausto (Ravello) insiste a illudersi che uno scatto possa avere un significato ed una sua bellezza...
Ma la dura realtà è fatta del buio che può essere bello, ma alla fine davvero insopportabile, quando da una vita si è abituati ad un semplice clic per avere tutta la luce che si vuole... E quel trattore ingovernabile che ogni tanto sfugge al controllo...
Insomma, io vivo Altrove! è una grande lezione di vita, di discernimento tra progresso e Natura. Non basta certo emozionarsi per un paesaggio o un tramonto. La natura è anche la madre rigorosa che ci insegna a vivere, ma secondo le sue regole millenarie. E quante volte l'umanità ha fatto di tutto per alleggerire queste regole, ma alla fine si è trovata più povera di prima...
Ed anche la convivenza tra uomini è un tema bellissimo, un piccolo paese insegna la schiettezza, ma anche l'avidità, l'indifferenza, l'ostilità o l'accettazione più autentica della diversità, come il matto del paese che può giocare coi bambini.
Battiston ci ha davvero regalato un grande film, che ha anche la potenza, come pochissime opere, di crescere dentro dopo la prima visione. Con una tenerezza poetica che ci fa pensare soltanto ad autori forse un po' dimenticati come Jacques Tati.
Voto della redazione:
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