C'è un problema nel settore dei direttori della fotografia, e a dirlo non è il primo mitomane o complottista arrivato dal nulla, bensì il leggendario Vittorio Storaro
C'è un problema nel settore dei direttori della fotografia, e a dirlo non è il primo mitomane o complottista arrivato dal nulla, bensì il leggendario Vittorio Storaro, la cui carriera comprende pellicole quali Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci e L'uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento.
Ha dichiarato il nostro durante un evento del Cine Gear Expo: “Le persone vogliono lavorare più velocemente o dimostrare che possono usare meno luce, ma non cercano la luce più adatta di cui necessita la scena. Quella non è fotografia, ma solo registrare un'immagine. Non sono mai stato felice in un set che usa solo le luci disponibili. Anche in film molto importanti che vincono l'Oscar, puoi registrare un'immagine con una luce che non è necessariamente ciò di cui ha bisogno il personaggio. Dobbiamo sempre muoverci una storia avanti, e non compiere passi indietro”.
Insomma, sembrerebbe proprio che oltre alla facilità d'uso, il digitale abbia portato anche una maggior pigrizia nell'industria. Ha proseguito Storaro: “Devi trovare un equilibrio tra tecnologia e arte. La fotografia è un movimento, è un viaggio in cui dobbiamo arrivare dall'altra parte. Non creiamo un bel quadro, bensì un bel film. Per questo dico che è scrivere con la luce”.
[Leggi anche: I film meglio fotografati della storia del cinema secondo 60 critici]
Ricordiamo che il nostro ha appena illuminato l'ultimo lavoro di Woody Allen, Cafe Society, film d'apertura dello scorso Festival di Cannes. Tra le sue prossime opere in agenda: 33 dìas di Carlos Saura, Story of Jesus di Vic Alexander e The Hunchback di Chuck Russell.
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