Ritratto di Guia Zapponi
Autore Guia Zapponi :: 28 Ottobre 2014

Guia Zapponi

Un'attrice può fare teatro per anni. E guarda il cinema. Pensa come potrebbe essere recitare davanti a una macchina da presa. Recitare su un palcoscenico è diverso che stare in un set: quando si è a teatro ci si prepara per mesi, si approfondisce ogni sfumatura di una presenza scenica che può durare, a seconda della parte, anche per un paio d'ore consecutive. Il teatro è fatica, è rischio: è sempre buona la prima, ogni volta che si apre il sipario. Non puoi sbagliare, non hai una seconda occasione. In teatro o sai recitare e conosci bene come svolgere il mestiere dell'attore, o devi sedere in platea e applaudire chi lo sa fare meglio di te. Ma io ogni volta che quel sipario ha dischiuso la scena al pubblico ho sentito sempre meno quest'ansia, fino ad arrivare al punto di sentire il palcoscenico come una seconda casa. Oggi so come affrontarlo, so cosa significa interpretare una parte, conquistare le emozioni degli spettatori, portarli a sentire i miei personaggi come se non ci fosse più una distanza tra la finzione e la vita reale.

Ma a un tratto il cinema ha chiamato. In più di un'occasione mi era stato offerto di affrontare dei provini, ma per ragioni diverse avevo sempre detto di no. Non mi sentivo ancora pronta, forse, o semplicemente mi pareva di abbandonare una zona di comfort, quella che ormai sentivo negli spazi della recitazione teatrale. Poi, a un'ennesima chiamata, sentii che era arrivato il momento di lanciarmi. Ero nel bel mezzo di una stagione teatrale, e il provino era a Roma. La sera dovevo recitare. Sgattaiolai di buon mattino e presi un aereo per Roma. Fu un rischio altissimo: era vietatissimo allontanarsi dalla città in cui si svolgeva la rappresentazione. Se non fossi tornata in tempo sarebbero stati davvero guai grossi! Ma rischiai. Era un provino per "Non aver paura" di Longoni.

Quest'esperienza mi riempì delle emozioni più diverse. Emozioni che avrei voluto confidare a tutti i miei amici, per sfogarmi e dare loro una forma più definita, per capire meglio il senso di quello che stavo facendo, che avrebbe potuto portare la mia carriera a una svolta importante. Ma seppi mantenere il silenzio. Mi si leggeva negli occhi che qualcosa di enorme mi stava accadendo! Eppure non parlai. Non potevo mettere a repentaglio il mio lavoro in teatro.

Quel provino era il compimento della mia ricerca della felicità: se la porta mi si fosse spalancata, avrei iniziato un percorso nuovo, cambiando profondamente il mio mondo. Ho sempre visto il cinema come un mondo possibile per me sin da quando avevo nove anni e questo provino avrebbe potuto trasformare un sogno, il mio sogno alimentato fin da bambina, in una storia vera.

Il provino andò bene.

Oggi posso vantare una significativa esperienza d'attrice non più soltanto sul palcoscenico di un teatro, ma anche su molti set, dopo quel provino coronato da successo. Eppure, ogni set ha una sua dimensione diversa. L'odore dei teatri si assomiglia, è quello del sudore, dell'impegno, della fatica, del respiro del pubblico, della polvere sui tendaggi. Quello dei set invece è sempre differente. Certuni sono stupendi, l'affiatamento della troupe è fluidissimo, ogni ciak sembra la cosa più naturale da fare: il film sembra farsi da sé, come un gioco, come quando da piccola improvvisavo frammenti di pièce drammatiche davanti alla videocamera azionata da mio fratello. Altri set sono un turbinio di persone, molte delle quali non conosci, ti girano freneticamente intorno senza mai davvero interessarsi a te, quasi tutti sono soltanto degli elementi di un sistema di cui non sanno fino in fondo che aspetto ha. Il film si fa, ma tu non sai esattamente come. Ti senti solo un ingranaggio.

In certi casi è quasi impossibile considerare il cinema casa, perché ogni set è un universo diverso dal precedente. L'odore cambia ogni volta. E ogni volta devi imparare a farlo tuo. Ma forse è questa la bellezza del cinema: ogni volta è un mondo nuovo. E comunque sia fatto, farne parte è sempre un'esperienza straordinaria.

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