Il Trono ha un nuovo Re. "La Fratellanza"(Shot Caller)(Usa 2017), Ric Roman Waugh.
Recensione del nuovo "prison-drama" diretto da Ric Roman Waugh, oramai già "specialista" nel filone, con protagonista Nikolaj Coster-Waldau de "Il Trono di Spade"(Game of Thrones).
La prigione ti divora. Se vuoi rapinare una banca e stai cercando di coprirti nel caso in cui tu sia catturato (e potresti essere catturato, altrimenti perché le nostre carceri dovrebbero essere così sovrappopolate?) Bisogna andare in Norvegia. Anders Behring Brievik, il tipo che in pochi minuti ha ucciso 77 adolescenti per il crimine di essere politicamente sinistra, è stato condannato a 21 anni. E come altri della prigione, ha ricevuto un appartamento privato comprensivo di utensili da cucina, senza escludere nemmeno i coltelli. (Leggere il libro "Uno di noi" e vedere il documentario di Michael Moore "Where to Invade Next"). In seguito si è pure lamentato che non gli venisse data la Playstation 4, ma soltanto la 3. Un assassino di massa come dovrebbe essere per la maggior parte delle persone confinato in un buco di due metri per tre, ma la Norvegia è una nazione veramente progressista, a differenza di luoghi come il Messico, il Bangladesh, l'Iran e molti altri paesi dove i condannati non hanno appartamenti con cucine.
Gli Stati Uniti non sono esattamente considerati tra le nazioni con le peggiori prigioni del mondo, però, per condizioni di recupero del detenuto, non sono poi così lontani rispetto a quelle del Bangladesh e del Messico. Il sovraffollamento deriva dalle condanne a lungo termine, che spesso sono anche quelle per crimini violenti, e il sovraffollamento può anche trasformare chi si trova in carcere per una pena lieve, in un criminale di ben altro spessore, e dalla ricerca di vendetta, come ci si potrebbe aspettare dopo che alcuni detenuti a Camp Bucca potrebbero essere innocenti ma potrebbero anche diventare dei nuovi membri ISIS, se e quando vengono liberati.
Si noti bene quanti penitenziari di massima sicurezza sono chiamati "centri di riabilitazione" o "istituzioni correttive", anche se l'ultima cosa che probabilmente sono è di facilitare la volontà dei loro detenuti di trovare dei lavori onesti quando verranno rilasciati. Ric Roman Waugh, che ha scritto e diretto "Shot Caller", in italiano intitolato “La Fratellanza” come il film di Elia Kazan del 1968, nel 2008 aveva diretto "Felon" – su di un uomo con un buon futuro che uccide involontariamente un ladro e viene condannato ad una pena detentiva in una violenta prigione. In seguito viene trasferito in un istituto di massima sicurezza comandato da un tenente corrotto. Si potrebbe immaginare che Waugh, le cui qualifiche nel ritrarre drammi carcerari includono il suo essere stato uno stuntman, e sembrano ottenere buoni responsi al box-office, scriva e diriga di nuovo quello che sembra conoscere oramai bene. Se dovessimo considerare ciò che Waugh sta cercando di dirci, è che le prigioni sono l'opposto dei centri di riabilitazione. Esse rappresentano delle formidabili spinte a doversi conformare alla violenza presente sia nelle carceri che all'esterno.
Come nel suo film precedente, Waugh si concentra sull’istituzione della prigione, con il suo personaggio principale, Jacob Harlon (Nikolaj Coster-Waldau), per dimostrare che c'è qualcosa che non va nei modi in cui il sistema affronta il reato. Harlon è un uomo d'affari di successo, con una vita che è talmente perfetta e fortunata, che l’unica cosa che avrebbe potuto rovinarla è un incidente d’auto nel quale muore il suo migliore amico, mentre è lui alla guida dell’auto, di ritorno da una bella serata a cena con le rispettive mogli. A causa della legge che punisce pesantemente chi è responsabile di un morto e di gravi lesioni (l’altro automobilista coinvolto nell’incidente)per guida sotto un tasso alcool emico superiore al consentito, viene mandato in un carcere di massima sicurezza, inizialmente con una condanna a sedici mesi, in definitiva ritrovandosi all’ergastolo senza possibilità di chiedere mai la libertà sulla parola. Cosa può succedere in questa situazione ad un uomo che è presumibilmente ben istruito ed è fermamente sostenuto dalla moglie (Lake Bell) e dal giovane figliolo? Risposta semplice: le carceri possono trasformare delle persone ragionevolmente buone e ben educate, in delle bestie selvagge. Non sono i garanti della libertà vigilata come Harlon (Omari Hardwick). Non è il guardiano o le guardie. Stanno anzi facendo il meglio possibile con una popolazione mista e in gran parte violenta. Sono i compagni prigionieri che avrebbero potuto rendere più facile la vita per se stessi, se soltanto ne avessero avuto il tempo.
Harlon apprende rapidamente quali corde toccare per sopravvivere, là dentro. Il razzismo è rampante. I bianchi e i neri rimangono separati, socializzando solo nel proprio gruppo, almeno in quei momenti in cui non sono letteralmente alla gola dell'altro. C'è una banda, c'è la banda rivale, esplodono le lotte, si verificano combattimenti con coltelli, i capi dei gruppi vengono ciclicamente mandati in isolamento dentro a piccole gabbie progettate per spezzare il loro spirito e contrastare i loro piani per ulteriori ricorsi quando usciranno. Quando Harlon, ora chiamato con il suo soprannome "Money", cerca di sopravvivere, perdendo tutto il senso di se stesso come l’uomo d'affari in regola che fu, facendosi crescere un pizzetto alla Fu Manchu, pettinandosi i capelli all’indietro, tatuandosi il corpo e dicendo a sua moglie che "è finita."
Ma ecco il problema del film. Il regista sembra voler evocare una maestosa performance dal suo personaggio principale, modificando così le scene molto spesso, passando indietro con dei flashback alla vita precedente di Harlon, poi di nuovo al suo presente nella prigione, poi di nuovo nel passato, e tornando di nuovo al presente. Mentre osserviamo Jacob Harlon in entrambe le sue vite, vediamo come la prigione lo ha cambiato, lo ha reso un uomo nuovo e niente affatto migliore. Ciò è sviluppato in modi estremi rendendo la trama confusa, richiedendo a alcuni spettatori di vedere nuovamente il film una seconda, e forse anche una terza volta. L’unica scena, e senza saccarina, tra Harlon e suo figlio – è quella finale in cui perdona il padre e segue il consiglio di un uomo più anziano di "andare avanti con la propria vita". Ma soprattutto, nonostante le efficaci sequenze della guerra tra bande in un'istituzione di massima sicurezza, e la potente prestazione di Nikolaj Coster-Waldau, nato in Danimarca (e conosciutissimo come il Jaime Lannister di "Game of Thrones"), l'insistenza compulsiva nel passare dalla sua vita precedente da uomo innocente e broker di successo, alla sua ultima accettazione di una vita da ergastolano senza possibilità di liberta sulla parola, è resa semplicemente in maniera troppo caotica e confusa.
Enrico Bulleri
Dopo il numero di cella di Jacob, il numero della cella di Jacob è la 13 come la camera d'albergo quando viene a visitarlo il figlio.
Jon Bernthal e Jeffrey Donovan avevano già lavorato insieme prima, avendo avuto ruoli di supporto, in “Sicario”.
La seconda volta in cui Ric Roman Waugh ha diretto Benjamin Bratt & Jon Bernthal dopo “Snitch” (2013)
Seconda collaborazione tra Jon Berthnal e Benjamin Bratt dopo “Snitch” (2013)
Spoiler
La voce di trivia qui seguente può rivelare importanti aspetti della trama.
Quando il protagonista viene messo in isolamento per 23 ore la sua cella è la numero 13. Quando suo figlio lo visita al motel, il suo numero di camera è 13
Voto della redazione:
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