Quando Steve Martin, Carl Gottlieb e Michael Elias scrissero la sceneggiatura de "Lo Straccione", il loro obiettivo dichiarato era quello di includere almeno una battuta in ogni pagina. Si può dire che ci sono riusciti
Quando Steve Martin, Carl Gottlieb e Michael Elias scrissero la sceneggiatura de "Lo Straccione", il loro obiettivo dichiarato era quello di includere almeno una battuta in ogni pagina. Si può dire con buona presunzione dovuta ai fatti, che ci sono riusciti.
Il risultato, diretto dal genio della commedia Carl Reiner, è una delle farse cinematografiche più programmaticamente stupide quindi geniali, piene di battute e stravaganti, mai realizzate. Steve Martin, nel suo primo ruolo da protagonista, si è dimostrato uno dei grandi in termini di commedia fisica, e in Navin R. Johnson creò un personaggio cinematografico indelebilmente adorabile, e davvero originale.
Adattando la classica storia americana che si diparte dai ceci per arrivare alla ricchezza (agli stracci - come sosteneva lo slogan originale) con una trama che sarebbe stata adatta a Buster Keaton o Harold Lloyd - solamente con un vivido tocco anni '70, Il film inizia con Martin, barbone in un vicolo, che racconta la sua storia direttamente alla telecamera.
Questo discorso iniziale include una delle battute di apertura più famose della commedia cinematografica: "Quando sono nato ero un povero bambino nero". Cresciuto da mezzadri neri nel Mississippi, infatti Navin scopre di essere stato adottato mentre si prepara a partire alla ricerca della sua fortuna. La prima reazione è: "Vuoi dire che rimarrò sempre di questo colore?" Armato dei consigli della sua famiglia, “Il signore ama un uomo che lavora; non fidarti dell'uomo bianco; vai da un dottore e sbarazzati del tuo colore."
Navin si mette in strada indossando un casco da bombardiere della seconda guerra mondiale e gli annessi occhiali. Navin vivrà lungo la strada molte avventure. Al lavoro in una stazione di servizio, e poi venendo colpito da un pazzo che ha scelto a caso il suo nome da un elenco telefonico. Poi finisce per essere il tizio "indovina il tuo peso" in un carnevale itinerante dove impara a cosa serve il suo "scopo speciale" (l'eufemismo di sua madre per il suo grossissimo pene).
Tutto cambia quando incontra Marie (Bernadette Peters). E quando è lei a dirgli che è una cosmetica, Navin risponde entusiasta: "Davvero? Una cosmetica? È incredibile. Impressionante. Dev'essere difficile gestire l'assenza di gravità". Insieme Navin e Marie (e il cane Testa di cazzo di Navin) sperimentano alti e bassi mentre la loro storia si dirige verso il suo lieto fine.
Un'altra delle mie battute preferite è quando Navin chiede a Marie il perché della sua aria triste: "Perché piangi? E perché indossi quel vecchio vestito?" Lei risponde: "Perché ho appena sentito una canzone alla radio che mi ha ricordato come eravamo". "Cosa è stato?" "The Way we here."" Nonostante tutta la stupidità e l'umorismo come direbbero oggi "politicamente scorretto", "Lo Straccione" contiene una sorprendente quantità di cuore.
Il rapporto tra Navin e la sua famiglia è tutto creato e incentrato per ridere, ma si dimostra genuino. E la storia d'amore tra Navin e Marie è dolcemente sincera. In una scena memorabile si duetta su "Tonight You Belong to Me" passeggiando lungo la spiaggia di notte. "Lo Straccione" fu primo dei quattro film in cui Steve Martin avrebbe fatto il protagonista per il regista Carl Reiner. È stato seguito da "Il Mistero del cadavere scomparso" (Dead Men Don't Wear Plaid) (1982), "Ho perso la testa per un cervello" (The Man with Two Brains) (1983) e "Ho sposato un fantasma" (All of Me) (1984).
Per quanto buoni siano anche gli altri tre film, la mia preferenza rimane alla loro prima collaborazione. "Lo Straccione" fu un enorme successo americano nel 1979, e dopo oltre 40 anni rimane uno dei film più divertenti di tutti i tempi. L'idea per questo film è venuta dalla frase menzionata da Patrick, "Sono nato povero bambino nero.", che Martin già utilizzava quando era un intrattenitore davanti al pubblico dal vivo, e la sceneggiatura è germogliata anche da quella battuta.
Guardandolo nella primavera del 2015 non ho potuto fare a meno di chiedermi se questo fosse il film preferito di Rachel Dolezal da bambina? La sceneggiatura contiene anche altri elementi dagli sketch di Martin e precedenti alla sua esperienza al cinema, tra cui il gioco con il gatto e la catarsi emotiva in cui afferma di non aver bisogno di nulla, se non dei pochi oggetti domestici che raccoglie lungo la strada.
Sebbene all'epoca fosse già apparso in alcuni film e fosse stato ospite del Saturday Night Live diverse volte, Martin era conosciuto principalmente come appunto "stand up comedian" prima che questo film uscisse. Ha iniziato la sua carriera come scrittore e sceneggiatore, prima di passare al cabaret, ma ha anche affermato che il suo obiettivo era sempre stato quello di diventare un attore. Infatti, nonostante milioni di copie vendute di album musicali poichè Martin è anche musicista e cantante, e di tour dal vivo nei palazzaetti, esso avrebbe abbandonato definitivamente gli spettacoli da vivo nel 1981.
Dal punto di vista di oggi, questa può essere vista come una mossa intelligente. L'anarchismo dei suoi spettacoli da solo davanti al pubblico sarebbe diventato come spesso accade routinario, e anche la canzone "King Tut" che fu immensamente popolare, a rivederli e sentirla oggi non sono entrambi invecchiati così particolarmente bene, mentre "Lo Straccione", è un film altrettanto divertente oggi come lo era quando uscì la prima volta.
E infatti, oggi, a distanza di 43 anni si può affermare che il confronto con un film muto con protagonisti Lloyd o soprattutto Keaton è azzeccato. Spesso quei vecchi due rulli muti sembravano più una serie di eventi surreali che far parte di una trama coesa, così come fa invece questo film che essendo del 1979 ne ha la stessa linfa, ma ovviamente non la medesima struttura.
E la trama, nonostante tutti gli stupidi imbrogli, è la più antica di Hollywood, in cui il ragazzo incontra, perde e poi riguadagna una ragazza (insieme alla ricchezza). Davvero, è la solita vecchia storia dello stracciaione che diventa ricco. E come in quei vecchi film muti, l'unico obiettivo del film di Carl Reiner è di farti ridere. È completamente e assolutamente sciocco e questo è tutto ciò che vuole essere.
Non c'è un significato più profondo di questo, riguarda unicamente la commedia e i suoi meccanismi nel riuscire a far ridere. Certo Martin è perfetto nella parte di Navin. È l'ingenuo ottimismo che riesce a infondere al personaggio a renderlo così. Le più piccole cose possono renderlo felice, come avere il proprio nome nell'elenco telefonico o un ombrellino di bambù nel drink. Ovviamente è un totale idiota, ma non puoi fare a meno di fare il tifo per lui.
Martin avrebbe poi fatto cose di ben maggiore spessore basti citare inevitabilmente "Un Biglietto in due", ma non fu forse mai più simpatico. Ci sarebbero anche troppe scene, divertenti e fantastiche, da menzionare, ma citerò solo uno degli scambi di battute maggiormente da mandare a memoria. Navin: "So che questo è il nostro primo appuntamento ma... pensi, la prossima volta che farai l'amore con il tuo ragazzo, potresti pensare a me?" Marie: "Beh, non ho ancora fatto l'amore con lui." Navin: "Peccato... pensi sia possibile che un giorno tu possa fare l'amore con me e pensare a lui?" Marie: "Chi lo sa, forse tu e lui potreste fare l'amore e tu potresti pensare a me." Navin: "Sarei solo felice di essere lì da qualche parte."
Con una durata di appena 90 minuti, "Lo Straccione" è un classico della commedia più slapstick.
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