Ritratto di Andrea Caramanna
Autore Andrea Caramanna :: 12 Gennaio 2014

Non vogliamo perderci in chiacchiere e diciamo subito che Cyclo è un film straordinario. Tran Anh Hung, si era già fatto notare con Il profumo della papaya verde, premiato a Cannes nel 1993. La recensione

Regia: Tran Anh Hung
Fotografia: Benoit Delhomme
Interpreti: Le Van Loc, Tony Leung Chiu-wai, Tran Nu Yen Khe
Nazionalità: Francia-vietnam 1995

Non vogliamo perderci in chiacchiere e diciamo subito che Cyclo è un film straordinario. Tran Anh Hung, si era già fatto notare con Il profumo della papaya verde, premiato a Cannes nel 1993. Cyclo, che ha vinto il Leone d'oro a Venezia colpisce innanzitutto per la sapienza fotografica di Benoit Delhomme che si traduce in una formidabile cura estetica di tutte le immagini. La parte narrativa è lasciata in sottordine, quasi un irrilevante pleonasmo. Nei primi minuti infatti non succede quasi nulla. Tran Anh Hung si preoccupa di facilitare la "full immersion" nelle atmosfere infernali e fumose di una polverosa  Ho Chi Minh (la ex Saigon). Si vedono così donne indaffarate e intente a preparare cibi, strade paurosamente affollate da gente di ogni tipo che si industria per rimediare qualche dollaro, e poi ci sono le terribili bande criminali che controllano ogni centimetro di territorio. Si ha quasi la sensazione che il regista voglia sublimare le potenti immagini e trasferirle su un piano olfattivo. Si impegna così a descrivere visivamente gli odori e gli umori acquei in cui sono immersi tutti i personaggi (i visi sono perennemente solcati da goccioline di sudore). Le inquadrature, tutte giocate, quasi esclusivamente, su concitati e intensi primi piani, costituiscono l'effetto moltiplicatore. Oltre a l'elemento liquido si ripropone con ossessione la violenza, quella gratuita e ingiustificata, una sorta di strumento per illustrare senza pudori gli "orrori" del corpo umano. Questo non solo attraverso le scene più cruente dove si svolgono atroci torture e deturpanti ferimenti a morte. Infatti c'è l'orrore, innocuo, ma comunque tale che è la persistente situazione emorragica di uno dei protagonisti che non fa altro che tamponarsi il naso per le frequenti e fastidiose epistassi. Queste sequenze fanno di Cyclo un film duro, scomodo, difficile da "digerire" e chi è facilmente impressionabile probabilmente abbandonerà la sala prima della fine. Tran Ahn Hung si dimostra così, per il talento visionario,  autore eccellente. Con Cyclo entra nell'Olimpo del grande cinema e le sue invenzioni daranno molti spunti al cinema futuro.

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