"Profumo di donna", sul set con Dino Risi e Vittorio Gassman
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Continua il percorso tra i ricordi di Claudio Cirillo, tra obiettivi, set e i suoi rapporti con registi e attori. Questa volta, ci ha parlato di "Profumo di donna" e di cosa è accaduto prima dell’uscita al cinema.
Devo ammettere che Scent of a woman non l’ho visto. Sembra un incesto. Non ce la faccio a vederlo, è un’altra cosa rispetto a Profumo di donna. Per quanto riguarda il mio lavoro per questo film, non mi chiamò Dino Risi, ma il produttore con il quale avevo già fatto altri film, come Commissario Pepe, C’eravamo tanti amati e altri ancora. Spesso è il produttore che sceglie il direttore della fotografia perché sa come si muove sul set. Risi non si è mai soffermato più di tanto sulla fotografia, non gliene è mai fregato niente! Ah! Dino Risi era solito chiamarmi Cirillus, non mi chiamava per nome perché così si chiamava il figlio che faceva l’assistente alla regia.
C'è una scena, quella della scala in cui Dino Risi voleva che io utilizzassi un grandangolo. Io ho messo un 25 e ho provato a fare l’inquadratura e, devo dire, che aveva un bell'effetto tridimensionale. Ho chiesto al regista se gli potesse piacere e lui mi ha risposto: «sì Cirillus, è bella ma è troppo larga, stringi. Metti il 50». Mettere quest’obiettivo significava perdere almeno due piani. Così, gli ho spiegato che era illusorio credere che utilizzando il 50 si potesse fare prima. Bisogna impiegare lo stesso tanta luce! Ci ha ragionato su un attimo Risi e mi ha detto di rimettere il 25. Voleva fare presto, ecco perché non gliene fregava davvero nulla della fotografia.
Ora, noi abbiamo girato nei mesi di luglio e agosto e creare delle atmosfere adeguate per un personaggio cieco proprio in questi mesi è stato arduo. Al di là degli interni chiusi, fuori c’era troppa luce. Poi però ho pensato che al sole, in fondo, delle disgrazie umane, che gliene frega? Allora ho pensato di andare anche in sovraesposizione rendendo i bianchi ancora più bianchi. Quello che volevo creare era il contrasto tra la luce e il buio della cecità.
Un paio di giorni dopo l’uscita del film, un critico cinematografico, credo che fosse Gian Luigi Rondi, mi ha capito, scrivendo un'ottima recensione nella quale metteva in evidenza proprio il mio lavoro, ovvero che avevo messo in contrapposizione, appunto, la luce naturale con la cecità del personaggio.
All’uscita del cinema, dopo la proiezione del film Dino Risi (che non è mai venuto allo stabilimento di sviluppo e stampa per vedere la copia insieme a me e gli altri), ricordo che mi disse: «bravo, bravo Cirillus! È la prima volta che un mio film viene suffragato da una bella fotografia». Da lì, abbiamo continuato a lavorare insieme.
Ribadisco, per Dino Risi la fotografia non esiste. Ha un suo schema preciso: la velocità e il rispetto dei tempi di lavorazione. Però, da parte sua, ha l’arte del racconto ed è eccezionale.
Per quanto riguarda Profumo di donna, vi dico questo: è stato ad un passo dal vincere l’Oscar. Di scarto c’erano tre voti. Quell’anno lo ha vinto Akira Kurosawa con Dersu Uzala – Il piccolo uomo delle grandi pianure. Durante una cena con Dino Risi e Vittorio Gassman abbiamo intavolato questo discorso. Io dissi a Dino: «il film è una meraviglia, sul finale ti sei abbandonato alla scurrilità e volgarità. Ha abbassato il tono del film». Gassman era dalla mia parte e Risi ha incassato la mia riflessione senza controbattere. Era un uomo intelligente, colto e preparato e capì. Se dovessi dire cosa mi è piaciuto di più di questo film è sicuramente il lavoro e il rapporto che ne è scaturito con Vittorio Gassman, un gigante di uomo e di attore.
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