Ritratto di Redazione
Autore Redazione :: 3 Maggio 2020

La prospettiva del regista thailandese Apichatpong Weerasethakul è davvero ottimista anche in tempi di coronavirus. Gli spettatori saranno più attenti a quel che vedono e cominceranno ad amare il cinema riflessivo e "lento" di certi autori

Apichatpong Weerasethakul

La pandemia di coronavirus non da tutti è vista in una prospettiva completamente negativa. Così è per il celebre regista thailandese Apichatpong Weerasethakul che ha uno sguardo sorprendentemente ottimista sullo stato del cinema post-coronavirus. Il regista di "Cimitero di splendore", "Zio Boonmee che può ricordare le sue vite passate" e "Sindromi e un secolo" è uno dei principali talenti nell'ondata di ciò che è soprannominato "cinema lento" - film che si dilettano a sollecitare la prospettiva della lentezza delle cose, dove lo sviluppo del personaggio avviene attraverso il movimento e l'azione praticamente in tempo reale... 

Innanzitutto, il cinema di Weerasethakul è un soffermarsi sugli aspetti più banali della vita quelli spesso dimenticati o lasciati in sottordine come contorno nei vari blockbuster hollywoodiani e non. Questo stile è abbracciato da tanti nomi tra i quali citiamo i primi che ci vengono in mente, alcuni registi come Bela Tarr, Lav Diaz e Kelly Reichardt. 

Weerasethakul ha recentemente scritto un saggio per FilmKrant (tramite The Playlist) in cui immagina come cambieranno le abitudini cinematografiche e suggerisce che il cinema lento sarà in aumento: “Ciò genererà un gruppo di persone che hanno sviluppato la capacità di rimanere nel momento presente più a lungo degli altri. Possono fissare certe cose per molto tempo. Prosperano in totale consapevolezza. Dopo aver sconfitto il virus, quando l'industria cinematografica si è svegliata dal suo stupore, questo nuovo gruppo, come spettatori, non vorrà di certo intraprendere lo stesso vecchio viaggio cinematografico. Hanno imparato l'arte di guardare; ai vicini, ai tetti, agli schermi dei computer. Si sono allenati attraverso innumerevoli videochiamate con gli amici, attraverso cene di gruppo catturate in un angolo di ripresa continuo. Hanno bisogno di un cinema più vicino alla vita reale, in tempo reale. Vogliono il cinema del qui ed ora che non possiede riempitivi né destinazioni. 

"Sappiamo che passerà un po' di tempo prima che si riprendano il controllo dell'industria cinematografica", e Weerasethakul vede uno scenario in cui il pubblico potrà aprire i propri orizzonti ai nuovi registi e persino divertirsi in modo giocoso con l'idea: “Quindi verranno presentati ai film di Bela Tarr, Tsai Ming-Liang, Lucrecia Martel, forse Apichatpong e Pedro Costa, tra gli altri. 
Per un certo periodo di tempo, questi oscuri cineasti - e qui diventa ironico - sarebbero diventati milionari da un aumento delle vendite di biglietti. Acquisterebbero nuovi occhiali da sole e guardaspalle. Comprerebbero case, macchine e fabbriche di sigarette e smetterebbero di fare film. Ma presto il pubblico accuserebbe questo  cinema "lento" di essere troppo veloce. Appariranno segni di protesta, che chiederanno a gran voce: "Zero trame, nessun movimento della telecamera, nessun taglio, nessuna musica, niente". Qui sembra un programma del vecchio Dogma danese caro a Lars Von Trier...

"Una cosa che è chiara è che il cinema cambierà quando la pandemia sarà completamente finita. Come sarà è la domanda da un milione di dollari a cui nessuno sembra essere in grado di rispondere al momento.

L'articolo originale su ThePlaylist
https://theplaylist.net/apichatpong-weerasethakul-essay-20200502/

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