Macchie solari
Dopo L’etrusco uccide ancora (1972), il geniale Armando Crispino torna al cinema del brivido con Macchie solari (1975) – un’altra originalissima incursione nel thriller. La singolarità di Crispino consiste non solo nel frequentare vari generi con un tocco personale, ma anche nel variare completamente stile all’interno dello stesso genere: se L’etrusco uccide ancora è un thriller gotico dall’ambientazione sepolcrale e con qualche tocco argentiano, Macchie solari è un moderno e allucinato viaggio in una Roma assolata e asfissiante con toni persino surrealisti.
Protagonista è l’efebica Mimsy Farmer nel ruolo di Simona Sanna, una giovane laureanda in medicina autoptica: mentre la sua psiche vacilla, fra inibizioni sessuali e allucinazioni, la ragazza è coinvolta in una serie di strani omicidi – in apparenza scambiati per suicidi – che ruotano attorno a suo padre. Notevole è l’evoluzione della sceneggiatura (Crispino e Battistrada): il film inizia come un horror in piena regola – il crudele incipit con i suicidi in serie, la splendida e sanguinaria sequenza in cui la Farmer vede i cadaveri dell’obitorio animarsi – per poi svilupparsi con eleganza e senza soluzione di continuità in un thriller rompicapo con tutti i crismi del genere, fra un intricato enigma da risolvere e un assassino da scoprire.
In Macchie solari la componente orrorifica è ancora più accentuata rispetto al precedente (dove pure era già presente: la leggenda etrusca, i dettagliati omicidi), il body-count è sempre ristretto ma con omicidi memorabili – eccellente l’uccisione di Serato in ospedale, inquietante l’impiccagione del custode: del resto, a Crispino non interessa fare collezione di delitti, ma creare una storia robusta, ricca di suspense e con personaggi veri e psicologicamente credibili. La prima parte è sanguinaria, con una rappresentazione quasi fulciana dei cadaveri e delle ferite: impressionanti i morti viventi “visti” dalla Farmer, deformati dalle inquadrature psichedeliche mentre avanzano minacciosi o si accoppiano.
L’atmosfera visionaria permea comunque tutto il film, grazie all’abbacinante fotografia di Carlo Carlini, alle location agorafobiche e al curioso inserimento di immagini ritraenti le cosiddette “macchie solari” del titolo – a cui è imputata l’ondata di suicidi, veri o presunti. Mimsy Farmer, pienamente a suo agio nel ruolo di donna psicotica (la ricordiamo anche in Quattro mosche di velluto grigio e Il profumo della signora in nero), è affiancata da un buon cast – i celeberrimi Massimo Serato (nel ruolo del padre) e Ray Lovelock, ma anche i meno noti Barry Primus, Carlo Cataneo e Angela Goodwin. Le musiche sono affidate a Ennio Morricone, che compone sia un tema melodico sia movimenti dissonanti che precedono gli omicidi.
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