Non è un caso, Moro: il docufilm diretto da Tommaso Minniti è un'indagine col cuore aperto
Non è un caso, Moro: il docufilm diretto da Tommaso Minniti è un'indagine col cuore aperto e fibrillante per l'uomo che è stato sacrificato dalle élite di potere
Non è un caso, Moro: il docufilm diretto da Tommaso Minniti è un'indagine col cuore aperto e fibrillante per l'uomo che è stato sacrificato dalle élite di potere.
Il film appare come un viaggio con una particolare figura cristologica... quella di Aldo Moro... Quel giorno del rapimento era già segnato, come l'inizio del martirio. Nel viaggio lunghissimo e ridondante di figure che attraversano l'immaginario onirico di un sogno/incubo perfino a mo' di Eyes Wide Shut (occhi aperti sbarrati/chiusi dunque... ) che accompagna con la macchina da presa attaccata agli attori in carne ed ossa, ma che non giocano mai a fare gli attori. In primis proprio il Moro nel corpo di Sergio Damiano che ben presto diventa una sorta di fantasma errante.
E da Paolo Cucchiarelli che trasferisce i suoi libri "Morte di un Presidente" e "L'ultima notte di Aldo Moro" nel viaggio sonnambulo, fatto di incontri, laddove è sempre la messa in scena che caparbiamente cerca di lasciare fomentare sensazioni e sentimenti indotti anche da suggestioni verbali. In un teatro vuoto, seduti in poltrona, illuminati da una luce faro, e presso a poco intorno soltanto il buio, mentre, come in un interrogatorio dallo strano alone rituale, lo stesso Cucchiarelli procede con un timbro di voce rarefatto e sempre piuttosto tremante e spesso dall'espressione attonita e dolorosa al contempo.
Tra gli "interrogati" si finisce per capire che il mistero della morte di Aldo Moro è destinato a rimanere tale... perché quelle aperture che sembrano disponibilità da parte di Claudio Signorile e il controverso don Fabbri, finiscono per sembrare storie personali. Ed ancora più devastante sarà proprio la rivelazione del prelato, all'epoca giovanissimo, ma vicino al Vaticano, allo stesso Papa, quando chiuderà tutta la sua rivelazione con omissis degni di nota...
La suddivisione del film in due parti mi appare inspiegabile se non nella logica della distribuzione (per questo la "lezione" finale di Moro a un gruppo di studenti?), che ci si augura possa avvenire... ma prima di tutto in alcune sedi, come le scuole, sarebbe il caso di accompagnarla opportunamente, magari con lo stesso regista in sala, perché il rischio di equivocare, forzando le letture interpretative specie ad opera di professori dell'ultima ora, è molto probabile...
Minniti non è uno qualunque... non ha fatto questo film da scafato regista, ma prima di tutto da pensatore e ricercatore indipendente, non è una sorta di Marco Bellocchio della nuova generazione. Cito Bellocchio perché in fondo è proprio la "deriva" filmica come nel visionario Buongiorno, notte preceduto peraltro molti anni prima dal documentario Sogni infranti, ad essere quell'elemento in più che fa di Non è un caso, Moro, un film strutturato su più livelli, laddove la parte strettamente cinematografica è la figura estetica dominante, sorretta anche dalle musiche di Johannes Bickler, che riecheggiano un po' le ansimanti litanie mediorientali di Giorgio Moroder in Fuga di Mezzanotte.
Anche nel titolo c'è una "virgola"... una pausa. "Buongiorno" e "notte"... aveva intuito bene Bellocchio e "sogni infranti". Ma qui avviene il radicale cambiamento con Non è un caso, Moro. Basta con le Brigate Rosse utilizzate come chiave di lettura, un falso storico ormai quanto i livelli bassi delle milizie mafiose... Il risveglio non è ancora avvenuto per alcuni? Le Brigate Rosse ebbero il compito scomodo di gestire un prigioniero il cui profilo non spaventava certo le ideologie proclamate dalle oligarchie di allora.
Tanto è vero che il povero generale Dalla Chiesa, proclamato poi vincitore della lotta contro il terrorismo, fu presto mandato al macello a Palermo, in quei maledetti 100 giorni (di cui c'è anche il film di Giuseppe Ferrara) che avevano soltanto il sapore di una regolazione di conti o più spietatamente, dall'alto si era deciso per il percorso del SILENZIO...citato appunto da Minniti e indicato in tante fasi diverse.
La prima dichiarazione d'intenti si rivela nella citazione di Hannah Arendt: "Le menzogne politiche moderne si occupano di cose che non sono affatto segrete ma sono conosciute praticamente da tutti". Che è poi il refrain delle varie testimonianze compresa la famiglia di Moro. Tutti sapevano, perfino dove si trovava il prigioniero, ma nessuno agiva per liberarlo... Potrebbe essere incomprensibile nella logica di chi guarda alle istituzioni come garanzia e tutela della sicurezza per la popolazione, che invece per la maggior parte ingenua, non sa che questi garanti non sono lì per loro, ma per difendere interessi che la popolazione di certo non immagina.
Insomma, burattini manovrati, che obbediscono alle élite di turno. In questo senso la scena dell'uccisione è il climax. I "brigatisti" ricevono l'ordine di uccidere Moro, quando sono andati per liberarlo e perfino il Papa - monsignor Fabbri lo sussurra - riceve la comunicazione che non ci sarà nessuna liberazione.
E Zaccagnini e Andreotti le cui lettere indirizzate da Moro hanno sempre costituito un punto di imbarazzo? Sì, anche quelle rimaste, molte altre sparite, dimostrano che Moro conosceva il reale motivo di quella attesa, ma sperare che potesse salvarsi... questa è una ipotesi a dire il vero impensabile... Semmai i suoi ultimi minuti di vita e l'esecuzione nella Renault 4 in via del Governo Vecchio, nel cuore della capitale, dimostrano la sorpresa nei confronti del comportamento di Giustino De Vuono e Tony Chichiarelli... Si aspettavano i famosi miliardi con le banconote segnate Israele e queste non arrivarono mai... Era a un passo dalla liberazione, ma qualcosa avvenne...
Don Fabio Fabbri conferma così la sua anomala posizione in questa triste vicenda, quando infine allarga le braccia e estende gli omissis...
Inizia con Arendt, Non è un caso, Moro, ma anche con il buongiorno (notte), con il sole della mattina del 9 maggio 1978 a Roma che sorge placidamente, ma "alba di un tempo cupo per l'Italia". Moro finirà la sua vita poco prima che la luce del sole illuminasse le vie di Roma, ma il suo ritrovamento avverrà nel pomeriggio. Perfino nel momento finale della scoperta del cadavere molte cose non quadrano, personaggi ed orari diversi ecc., e c'è pure la telefonata anonima con l'avviso di una bomba nella Renault 4...
Voto della redazione:
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