David Lynch, in una intervista a Time Out, ha dichiarato di credere sempre meno nel formato lungometraggio: la gente ha bisogno di storie che continuano
David Lynch è lontano dal suo ultimo lungometraggio Inland Empire di sei anni fa. I motivi sono tanti, fra cui quello che riguarda la sua attività di promozione della meditazione trascendentale. Per questo sta anche per ricevere il premio Namasté nel corso dell'annuale riunione organizzata dall'associazione Yoga Gives Back, che si occupa di raccogliere fondi per sottrarre i bambini indiani alla povertà che li affligge e si terrà il 25 settembre a Malibù in California.
Lynch è senz'altro un ottimo ambasciatore, e in questi ultimi anni non si è fermato un attimo per diffondere il verbo della meditazione trascendentale, l'abbiamo visto pure da noi in RAI con al fianco Carlo Verdone frastornato che forse non ha capito una mazza che il grande Lynch viaggiava su un altro piano spirituale. Non parliamo neanche del solito fesso presentatore che neanche citiamo...
Ma, tornando all'intervista, Lynch ha aggiunto che le serie tv oggi sono più in sintonia con quello che vuole il pubblico, laddove gli spettaori si aspettano di seguire per molto tempo delle storie. Spesso anche, lo aggiungiamo noi, affezionandosi ai vari beniamini di turno. Ma del resto, è ormai risaputo da tanti autori che soltanto con la serie lo sviluppo psicologico dei personaggi è molto più autentico. E abbiamo visto anche alcuni scettici come Woody Allen capitolare e decidere di lanciarsi nella produzione seriale.
Intanto l'hype per il prossimo Twin Peaks è alle stelle. Ma su questo non avevamo dubbi!
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