Capolavori senza tempo hanno descritto la triste condizione della solitudine dell'uomo in tutte le sue varianti. Da "Deserto rosso" a "Lost in Translation", da "Her" a "Il cielo sopra Berlino", una sfilza di film sull'alienazione fisica e mentale
Nel caso ci fosse bisogno di deprimersi un po' o di voler comprendere cosa può significare la solitudine, ci sono film molto importanti a riguardo, che illustrano vite di personaggi finiti con l'estraniarsi dalla società in modi spesso irrecuperabili.
Un classico del singolo alienato dalla società è sicuramente Taxi Driver di Martin Scorsese, sebbene questa sia solamente una delle letture del film, un capolavoro che include - tra le altre - le tematiche del reducismo, della società americana e della condizione psicologica di un newyorchese qualunque a cui saltano i nervi. Robert De Niro interpreta un reduce del Vietnam incapace di condurre una vita normale e che finisce con il perdere il contatto con la realtà in un crescendo di alienazione e nevrosi. Un cult su cui si è detto già tutto.
Allegorie e simbolismi tempestano lo struggente Il posto delle fragole di Ingmar Bergman, riflessione sul trascorrere ineluttabile del tempo e sullo spessore dei ricordi e delle occasioni perdute, mentre la prossimità della morte tinge di grottesco l'intero percorso del film. Altro film d'autore sulla condizione della diversità che costringe alla solitudine è Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, dove due angeli si aggirano, invisibili, per Berlino e ascoltano le persone, testimoni del passato e del presente della complessa realtà tedesca del tempo. Altra perla è Solaris di Tarkovsky, alienante dramma psicologico di matrice fantascientifica.
Deserto rosso di Michelangelo Antonioni vede invece una bravissima Monica Vitti nei panni di una insoddisfatta e sensibile moglie che, con il passare del tempo, patisce una sensazione di inadeguatezza nei confronti della vita che è costretta a vivere. Il punto di vista della donna è fondamentale per una percezione terrificante di eventi all'apparenza normalissimi. Repulsion di Roman Polanski è un thriller psicologico con una Catherine Deneuve in balìa dell'appartamento della sorella nella quale è lasciata sola: un capolavoro di suspense del periodo d'oro del regista.
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Solitudini comparabili e nella piena accezione del termine sono Cast Away di Zemeckis, con Tom Hanks naufrago per quasi due ore, e 2002: la seconda odissea di Douglas Trumbull, che curò gli effetti speciali di 2001: Odissea nello spazio, di cui il film non è un sequel come il titolo italiano farebbe credere.
Tra i più tristi c'è sicuramente Film blu di Kieslowski, dove Juliette Binoche lotta con i fantasmi del passato nel tentativo di ritrovare la serenità persa dopo che un incidente d'auto le ha portato via i cari. Via da Las Vegas, altrettanto drammatico, vede Nicolas Cage - che vinse l'Oscar - nei panni di un uomo licenziato dal lavoro che decide di bersi letteralmente tutti i suoi risparmi a Las Vegas, bere fino alla morte.
Sofia Coppola dice la sua con Lost in Translation, racconto dell'incontro di due persone sole interpretate da Bill Murray e Scarlett Johansson. Una delle interpretazioni più impressionanti è quella d Christian Bale in L'uomo senza sonno di Brad Anderson: un intreccio intelligente rivela lentamente il motivo del deperimento fisico e mentale di un operaio.
I più recenti sono Into The Wild di Sean Penn, che racconta la storia vera di un ragazzo che molla tutto per immergersi nella natura più selvaggia, lontano da ideali consumistici e materiali, e Her, ultimo parto mentale di Spike Jonze dove un uomo intraprende un rapporto anomalo con la voce femminile di un sistema operativo.
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