"Profumo di donna", il talento indimenticabile di Vittorio Gassman
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Uno dei film più belli a cui ho lavorato, e anche uno di quelli cui sono più affezionato, è Profumo di donna, di Dino Risi, del 1974, con Vittorio Gassman: la storia di un militare in pensione non vedente che si fa accompagnare a Napoli da una giovane recluta, interpretata da Alessandro Momo. Il remake hollywoodiano con Al Pacino e Chris O’Donnell del 1992 ebbe forse maggior successo. Certo, Pacino è bravissimo ma Vittorio Gassman è inarrivabile. Era un gran signore, oltre che un attore straordinario, che con un cenno poteva regalare sfumature incredibili.
Mi ricordo di una scena in cui Gassman si trova su una terrazza romana con il cugino prete che va a visitarlo e lo benedice: c’è stato un sottilissimo cambio di espressione nel suo sguardo, quasi impercettibile, e i suoi occhi sono diventati lucidi. È stato un momento così intenso che tutto il set intorno ha applaudito. Gassman era un attore dal talento e dalla professionalità enormi: per calarsi meglio nella parte, aveva passato sei mesi in un istituto per non vedenti.
Dal canto suo, Dino Risi era un regista con cui era un piacere lavorare: scherzava dalla mattina alla sera, era un giocherellone e creava sul set un’atmosfera rilassata e divertente. Il giovane co-protagonista di Profumo di donna, Alessandro Momo, veniva dal successo di Malizia, di Salvatore Samperi (1973), dove recitava accanto a Laura Antonelli nel ruolo del figlio sedotto dalla sensuale matrigna. Prese 70 milioni di lire per fare il film, mentre Gassman, in declino, ne prese forse 10: oggi viene da sorridere a ripensare all’enorme differenza fra i due. Lo avevo soprannominato Momo “il cane”, ci scherzavamo sopra, non era proprio capace di reggere il confronto con Gassman.
Un giorno stavamo girando una scena di un dialogo tra di loro, in via Veneto a Roma. Risi era preoccupatissimo: il divario tra Momo e Gassman, già enorme, in un faccia a faccia diventava addirittura incolmabile e non si sapeva come risolverlo. Alla fine, la risolse facendoli entrare di spalle e girando tutta la scena senza che si vedessero in faccia. Risi era un regista che si atteneva piuttosto strettamente alla sceneggiatura, ma sapeva anche tirare fuori delle ottime intuizioni improvvisate. Peraltro, il povero Momo morì in un incidente motociclistico poco dopo la fine delle riprese del film: gioie e dolori del set.
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