Altre tre ricche giornate al TFF: incontri, horror e film sulle crisi d'età
Non solo film al TFF: incontri, presentazioni e dibattiti con i registi hanno catturato l’attenzione del pubblico, sempre piuttosto numeroso.
In particolare è da segnalare la presenza di Bruno Bozzetto che, in occasione della proiezione al festival della versione restaurata del suo primo lungometraggio (West and Soda, 1965), ha tenuto un incontro-lezione all’università in cui ha raccontato la propria esperienza e il percorso che l’ha portato a diventare, con fatica e passione, il padre dell’animazione italiana.
Per quanto riguarda i film da segnalare ai nostri lettori, il posto d’onore è sicuramente occupato da Kilo Two Bravo, una pellicola che al contempo è e non è un “film di guerra”. Il regista Paul Katis ha infatti sottolineato che il suo primo lungometraggio, tratto da una storia vera, parla di guerra, ma non aderisce ai canoni del genere bellico: è un’opera di tensione più che di scontri a fuoco, di amicizia tra commilitoni più che di contrapposizione tra eserciti nemici. Perché il nemico del manipolo di soldati britannici che rimane bloccato in una spianata dell’Afghanistan nel 2006 è l’incubo delle mine antiuomo da cui si ritrovano circondati. La regia di Paul Katis e la sceneggiatura di Tom Williams trascinano efficacemente lo spettatore in un luogo che pur essendo aperto diventa claustrofobico per l’impossibilità dei personaggi di muoversi. Un’opera davvero coinvolgente, con una ricerca visiva e sonora notevole, che fa onore al cinema contemporaneo inglese, per nulla avvezzo al racconto delle guerre contemporanee.
Molti film di questi giorni confermano una brutta tendenza del cinema horror contemporaneo: buone idee, spesso ottime partenze, ma sceneggiature che non sono in grado di condurre alla fine dell’opera mantenendo alta la tensione, la suspense e, in definitiva, l’attenzione e la paura. È il caso di Hellions (Bruce McDonald) che avrebbe la buona intenzione di inserirsi nel filone dei film “halloweeniani” con l’aggiunta dell’analisi delle paure adolescenziali (in primis la gravidanza e le sue conseguenze), ma sfocia nel poco credibile quando tali paure si concretizzano in una serie di esserini abbastanza spaventosi che vogliono prendersi il frutto del peccato. Analoga sorte attende il figlioletto dei due protagonisti di The hallow (Corin Hardy), minacciato dalle creature dei boschi irlandesi che si ribellano all’abbattimento della foresta in cui vivono. Buona anche l’idea di The nightmare (Rodney Ascher), che però riesce a mantenere fino alla fine un alto livello di tensione sfruttando la formula del documentario e rimanendo in bilico tra ricostruzioni fiction e realismo.
Si segnalano infine due film che puntano al cuore e che, pur non convincendo fino in fondo, raggiungono l’obiettivo. Il primo è Sopladora de hojas (Alejandro Iglesias) che, prendendo a pretesto la ricerca di un mazzo di chiavi (metafora per la comprensione della vita adulta), racconta un importante momento di crescita per tre amici alla fine dell’adolescenza. Il ritmo è forse troppo lento, in contrasto con l’energia frizzante di quell’età, ma è anche grazie a questo che ci è permesso di avvicinarci all’intimo animo di questi ragazzi fino a commuoverci. Il secondo è una bella storia di amicizia e “amore” tra un uomo in crisi di mezza età e una undicenne senza direzione. Le virgolette sono d’obbligo perché lo scopo del regista è esattamente quello di interrogarci sul diverso modo in cui una situazione può essere vista e vissuta dall’interno e dall’esterno. Lamb (Ross Partridge) gioca, infatti, sull’ambiguità della relazione tra i due personaggi, sfidando uno dei tabù della nostra epoca, ma dopo averci presentato i protagonisti in maniera ottimale, si perde e purtroppo verso la fine degenera in un pietismo retorico piuttosto insopportabile. Nella memoria resta comunque l’iniziale, mirabile, presentazione dei due protagonisti.
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